Cronaca locale

«Al Pac porterò una performance contro Milano»

Si riservano di comunicare la cosa ufficialmente quando la situazione sarà più stabilizzata: è in arrivo dal bibliofilo più appassionato, il senatore Marcello Dell’Utri, alla Biblioteca di via Senato di Milano, un numero spropositato di fogli, documenti, manoscritti, lettere e appunti che illumineranno la cultura e le vicende italiane di tutti i primi decenni del Novecento. Si tratta dell’archivio dello scrittore, giornalista, intellettuale e diplomatico italiano Curzio Malaparte (1898-1957), persona imprescindibile per la storia e la letteratura del nostro Paese: nel 1918 iniziò la sua carriera giornalistica e tentò inutilmente di pubblicare il suo primo libro, «Viva Caporetto», un saggio-romanzo sulla guerra appena passata che vede nella Roma corrotta il nemico peggiore da combattere. Dopo aver, inizialmente, aderito al partito di Mussolini (fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali fascisti), ne prese poi le distanze e ne fu sempre più deluso. Nel 1931 pubblicò in Francia il libro «Tecnica del colpo di stato», che gli costò l’allontanamento dal quotidiano «La Stampa», di cui era stato direttore, e in seguito il confinamento sull’isola di Lipari.
Una voce inarrestabile, la sua, visto che, comunque, anche da Lipari, continuò a pubblicare una serie di elzeviri sul «Corriere della Sera» sotto lo pseudonimo di Candido. Dalle esperienze vissute durante la guerra, Malaparte ricavò il suo primo romanzo, «Kaputt» (1944), che è probabilmente la sua opera più nota. Sempre più Malaparte si allontana dal fascismo per avvicinarsi al partito comunista, che gli negò per molti anni la tessera per i suoi numerosi cambiamenti di posizione.
Tutto il materiale prodotto da questo intellettuale altissimo si trovava nella villa fiorentina dei Rositani ad Arcetri (l’avvocato Niccolò Rositani è il legale rappresentante della comunione eredi dello scrittore, nonché parente di Malaparte), e da tempo numerosi studiosi lo stanno valutando: si ipotizza una quotazione di 700.000 euro, anche se non è forse sbagliato dire che si tratta di un valore del tutto inestimabile. Era già da tempo sfumata l’ipotesi che l’archivio venisse acquistato dal Comune di Prato per la biblioteca «A Lazzerini», e, invece, la Biblioteca di via Senato ha ottenuto il nulla osta della direzione generale per gli archivi del ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Certamente l’intenzione della Biblioteca è, in futuro, quella di permettere a tutti di consultare i documenti una volta che saranno ordinati: «sarà un lavoro lungo, ma vogliamo mostrare la grandezza di quest’uomo».

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