RomaRiuniva atei e credenti, operai e intellettuali, gente semplice e aristocratici, celebrando messa sotto lo sguardo dei poliziotti armati, nella Polonia comunista della seconda metà degli anni Ottanta. E per dar voce al Vangelo, predicando pace e giustizia, mentre il regime sovietico spegneva anime e corpi, don Jerzy Popieluszko, il «cappellano di Solidarnosc», ha pagato con la vita, come fanno i martiri. Quando questeroico prete, nato a Okopy nel 1947 da una famiglia contadina, fu ripescato cadavere nel lago artificiale di Wloclowek (ma venne affogato nella Vistola), il viso deturpato, una pietra ai piedi, stretti da una corda, era lottobre del 1984 e il generale Wojciech Witold Jaruzelski, tuttora vivo, lui, e in lotta col tribunale distrettuale di Varsavia, che gli attribuisce i più efferati crimini comunisti (tra i quali, leliminazione di don Jerzy), fu il sospettato numero uno. Troppo scomodo, quel biondino emaciato, che non arretrava di fronte alle minacce del Kgb (i cui archivi continuano a non essere disponibili); troppo pericoloso lasciare, nella Varsavia ribelle a Mosca, che migliaia di fedeli sarrangiassero con rozzi altoparlanti, nelle vie intorno alla parrocchia, perché tutti potessero sentire la parola evangelica di Popieluszko: vincere il male con il bene. E adesso quel destino eccezionale sorvola i marosi della Storia, per appassionarci tramite il commovente film di Rafal Wieczynski, Padre Popieluszko, evento speciale al Festival Internazionale del Film di Roma, dove il 19 costituirà momento clou, grazie allarrivo di Lech Walesa, icona del movimento Solidarnosc (sostenuto e finanziato da Papa Wojtyla) e di Jozef Glemp, il Primate di Varsavia, qui nel ruolo di se stesso.
Nel film, distribuito a fine mese nelle sale e già apprezzato in Polonia da un milione e trecentomila spettatori (in un mese), potremo ripercorrere le orme del coraggioso sacerdote, un eroe contemporaneo, divenuto simbolo della rinascita polacca e della riunificazione europea. «Avevo sedici anni, quando mi assentai da scuola per andare alle esequie di don Jerzy - spiega il regista di Padre Popieluszko -. Fu unesperienza nuova, di libertà e di comunione. Lungo la via del ritorno, mi chiedevo se sarei mai stato capace di fare come padre Jerzy, ovvero di sacrificare la mia vita per la verità. Oggi, alla stessa età che aveva lui quando venne ucciso, vedo in lui un uomo che, messo alla prova, fece le sue scelte con fatica».
Wieczynski è riuscito a tessere la sua cinebiografia dun anticomunista ordinato prete dal cardinal Wyszynski, lallora Primate di Polonia, lungo un anno di riprese in quattordici città e muovendo settemila persone, tra attori e comparse. Soprattutto per i giovani, ignari di quante tribolazioni siano lastricate le strade della libertà europea, sarà altamente formativo capire chi era e che cosa ha fatto don Jerzy, anche per loro.
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