Quando Giacomo Leopardi arrivò a Napoli (1833) per non partirne più (vi morì nel 1837), la città era -come il suo solito- sommersa dall'immondizia. Trasferitosi per qualche tempo a Torre del Greco, per godere di miglior aria (e anche perché lì non c'era il colera che infieriva sulla capitale) vi scrisse una poesia (l'ultima) intitolata La ginestra, o il fiore del deserto. I versi 49-51 suonano così: «Dipinte in queste rive/Son dell'umana gente/Le magnifiche sorti e progressive». Si tratta di versi ironici indirizzati al cugino Terenzio Mamiani, secondo cui il futuro dell'umanità sarebbe stato favoloso.
L'ironia di Leopardi sulle parole di Mamiani, potrebbe essere la nostra sulle parole del neosindaco di Napoli Luigi de Magistris: «Libererò la città dai rifiuti entro cinque giorni». Sulle «magnifiche sorti e progressive» di Napoli legate all'immondizia, hanno perso la faccia sindaci, assessori e presidenti, perché sono secoli che Napoli non risolve questo problema, come testimoniavano già i viaggiatori del Grand Tour.
Com'è possibile che il sindaco, il quale pur dovrebbe conoscere la storia, gli usi e i costumi della sua città, esca con dichiarazioni come: «Napoli sarà d'esempio allItalia nella gestione dei rifiuti» o «Libereremo la città dall'immondizia in cinque giorni»?. Due sembrerebbero le spiegazioni: o il sindaco ignora la realtà napoletana o la conosce benissimo (ed è questo ciò che crediamo noi) ma cerca ancora larghi consensi facendo populismo. Per chi non lo sapesse, il populismo è l'atteggiamento che mira ad accattivarsi il favore popolare mediante proposte demagogiche, di facile presa. Ora, il sindaco più populista di Napoli fu Achille Lauro. I napoletani furono solo per un breve periodo di tempo ingannati dai pacchi di pasta distribuiti da 'O Comandante come un Grande di Spagna, dalla ripavimentazione di certe strade, dall'illuminazione delle fontane eccetera, e perfino dall'acquisto di Omar Sivori. Capirono chi fosse veramente Lauro quando constatarono che non c'era stato e mai ci sarebbe stato un miglioramento sociale e concreto delle famiglie povere. Oggi ben poco rimpiangono quegli anni.
Luigi de Magistris, che io sappia, non ha mai tirato in ballo Achille Lauro; non lo ha fatto perché non gli conveniva farlo, essendo acclarato, oggi, che il laurismo fu l'estremo rigurgito del più basso spagnolismo. Ma è stato accostato spesso a Masaniello, l'eroe popolare che diede vita a una rivolta contro gli Spagnoli. Lo slogan usato da de Magistris, in campagna elettorale, è stato: «Amma scassà!», cioè dobbiamo rompere tutto, come appunto fece Masaniello nel 1647, prendendo d'assedio le caserme. Però, mentre Masaniello qualche promessa fatta al popolo riuscì a mantenerla, De Magistris finora ha parlato a vanvera, promettendo in pratica l'impossibile, cioè togliere i rifiuti dalle strade di Napoli in meno di una settimana (al contrario, c'è da registrare un aumento dei rifiuti). Ma c'è di più; pur avendo dato qualcosa al popolo, quando Masaniello cominciò a dar segni di pazzia, e a non mantenere le promesse date, un gruppo di rivoltosi lo fucilò nel convento della Madonna del Carmine (aveva solo 27 anni), gli tagliò la testa e la buttò nelle chiaviche.
Naturalmente nessuno di noi si augura per de Magistris una simile fine, ma il consiglio è di far rientrare le sue spacconate, le sue rodomontate (le sue demagistrate, potremmo dire da oggi in poi) perché la gente è esasperata, e con gli esasperati si ragiona poco o niente.
Perché poi, uscire con certe dichiarazioni, è anche offendere l'intelligenza di un popolo. Molto più realisticamente De Magistris avrebbe dovuto dire: «Non ho la bacchetta magica. So benissimo che risolvere il problema rifiuti in tempi brevi o brevissimi è pressoché impossibile, farò del mio meglio per farlo nel più breve tempo possibile. Intanto abbiate pazienza e non fatemi fare la fine di Masaniello».
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