Le parole di Giussani sono sempre attuali

Il fondatore di Cl spiega perché la fede è amica della ragione e potenzia la vita

Le parole di Giussani sono sempre attuali

Basta avventurarsi per poche righe e si resta affascinati, anzi impigliati in quelle parole. Don Luigi Giussani esamina l'opera di un maestro della cultura protestante, Reinhold Niebuhr, e lo sfida, squarciando l'orizzonte del nostro pensiero convenzionale: "In modo tipicamente protestante egli sottolinea, con un pessimismo senza fondo, ciò che la visione della Chiesa attenua con discrezione: dice infatti, in un certo punto, che la religione è sempre una cittadella di speranza costruita sull'orlo della disperazione". Immagine suggestiva e drammatica che però il fondatore di Comunione e Liberazione contesta radicalmente, così come mette in guardia i giovani, e in verità non solo loro, da un cattolicesimo scialbo e incolore e da un umanesimo laico sempre più venato di nichilismo. "Ma la religione - replica il sacerdote brianzolo - non è appena questo. Infatti chi mi segue avrà la vita eterna e il centuplo quaggiù".

La cittadella da costruire, ci dice in sostanza l'autore, è quella del centuplo quaggiù. Qua, su questa terra, oggi, pur fra prove e dolori che tutti dobbiamo attraversare. Senza pretese, perché il tempo della storia è il tempo dell'incompiutezza, ma con una speranza pronta ad abbracciare tutto il mondo. Ecco lo sbrego enorme, vistoso, non mascherabile che don Giussani apre nella cultura borghese, formalistica e anche un po' ipocrita del Novecento, a maggior ragione di un Novecento cristiano che considerava la religione solo come una colla su un'esistenza dignitosa e appagata, dentro schemi chiusi e definiti. Queste righe aprono la prima di undici lezioni, sorprendenti ed entusiasmanti come quelle del corso di Giussani che seguivo alla Cattolica. Undici capitoli per un libro denso ma non enigmatico, se ci si sintonizza sul vocabolario utilizzato. Ecco Un volto nella storia, uscito per Rizzoli e con una lunga e appassionata prefazione di Davide Prosperi, Presidente della fraternità di Comunione e Liberazione. Proprio Prosperi e il direttore del Giornale Alessandro Sallusti presenteranno il testo, moderati da Letizia Bardazzi, domani alle 12 e 30 nella cornice ambrosiana del Circolo Filologico Milanese.

Il pensiero di Giussani e i suoi moltissimi libri - a cominciare dal classico dei classici, Il senso religioso - sono un sasso lanciato oltre le incertezze, i balbettii e i tornanti stretti della nostra cultura. Queste undici lezioni ci colpiscono come frecce acuminate, capaci di attraversare mezzo secolo e più senza perdere forza. Le conferenze furono infatti tenute al Centro culturale Charles Péguy di Milano fra il marzo 1969 e il giugno 1970. Siamo in un contesto a dir poco complicato: la tempesta del Sessantotto, richiamata da Prosperi all'inizio, ha spazzato via Gioventù Studentesca che Giussani aveva fondato al liceo Berchet quando aveva salito i gradini della scuola nel 1954 per insegnare religione a ragazzi già imbevuti di scetticismo. E convinti che la religione non avesse nulla a che fare con la ragione.

Il Sessantotto come un maremoto aveva portato via tutto e tutti, o quasi. Giussani ricomincia con quei pochi che sono rimasti e battezza con il più laico e cristallino degli insegnamenti il nascente movimento che presto si chiamerà Comunione e Liberazione. Niente prediche e niente moralismi. Non fanno per lui. E poi invece eccolo ribaltare una lunga serie di luoghi comuni su cui è adagiata la nostra mentalità: che la religione sia un fatto privato, anzi intimo. E abbia poco o nulla da dire in pubblico.

E ancora che non richieda anche l'esercizio dell'intelligenza, ma la parola che interpreta meglio questa intuizione è la parola ragione; e poi c' è quella virata vertiginosa verso il centuplo quaggiù. Che poi è l'anticamera di una vita eterna che non sappiamo come sarà, ma intuiamo essere colma di energia e affettività. Una vita misteriosa ma reale e profonda, in qualche modo in continuità con quella che viviamo in questo mondo.

Subito dopo quel faccia a faccia fuori scala con Niebuhr, Giussani delinea ancora meglio cosa è il cristianesimo e perché Gesù è venuto sulla terra. "I problemi umani, nel senso contingente e drammatico della parola, immediatamente non tocca a lui risolverli. La realtà cristiana non ha questo come scopo". E allora quale è il punto? O meglio: "Dove è il valore del centuplo quaggiù? Cristo - è la risposta di Giussani - pone la condizione profonda perché i problemi umani possano essere risolti, pone la precondizione perché tali problemi possano essere affrontati veramente, autenticamente, pone la precondizione della loro solvibilità autentica". Si potrebbe dire, senza retorica, che siamo ai fondamentali della postura umana. Altro che genuflessioni e sguardi contriti. "Questa precondizione - aggiunge Giussani - non è semplicemente giustapposta, non è una pretesa senza nesso con la soluzione del problema, ma qualifica le soluzioni: non risolve ma pone delle condizioni per la soluzione".

Giussani a questo punto scende su un terreno concreto e fa il più classico degli esempi: il rapporto uomo donna. "Il problema dell'amore - specifica l'autore- non può essere risolto senza la precondizione cristiana che qualifica i termini della soluzione, mette delle condizioni perché la soluzione sia veramente soluzione. L'indissolubiita del matrimonio, la non poligamia derivano da questo Altrimenti, senza religiosità cristiana - è il passaggio successivo - i problemi ultimamente, cioè nella loro autenticità reale, non sono risolti ma alterati, complicati, e perciò aumentati". E allora, fuori da visioni dogmatiche, si capisce meglio la questione del centuplo: il cristianesimo ti permette di vivere intensamente la realtà. È un grande training per potenziare il muscolo dell'umanità.

Ecco la sfida: c'è un fatto, un avvenimento che irrompe nella storia e l'attraversa irradiandosi in tutte le direzioni.

E prosegue con la Chiesa: Cristo e la Chiesa per Giussani, come ricorda Prosperi, non possono essere separati. Non una devozione ripiegata verso un passato remoto, ma una risposta in diretta, contemporanea, all'uomo di oggi.

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