Il Pdl presenta al Tar un nuovo ricorso ma stavolta cambia il giudice relatore

Anche se la questione dell’assenza della lista provinciale del Pdl alle regionali sembra ormai archiviata, il Pdl non demorde e ieri ha presentato un nuovo ricorso al Tar del Lazio per contestare il “no” della Corte d’appello di Roma all’ammissione della lista. Il provvedimento negativo fu emesso il 12 marzo scorso; la richiesta fu proposta sulla base dell’approvazione, il 5 marzo, del decreto legge interpretativo delle norme elettorali. Secondo quanto si è appreso, la discussione del ricorso, che sarà affidato alla II sezione bis del tribunale amministrativo, potrebbe essere fissata già nella giornata di domani, giacchè per la stessa giornata di mercoledì è stata già programmata un’udienza straordinaria per discutere di altri ricorsi elettorali. Era stato il responsabile elettorale nazionale del Pdl, Ignazio Abrignani, ad annunciare la volontà di proporre un nuovo ricorso al Tar, dopo la decisione negativa di sabato scorso da parte del Consiglio di Stato, che, dichiarando improcedibile l’appello del Pdl Roma, ne ha confermato l’esclusione dalle elezioni regionali di fine mese.
Stavolta però c’è la possibilità teorica di un diverso orientamento: cambierà, infatti, il giudice relatore. La novità è l’accoglimento parziale della richiesta dei legali del Pdl volta a sollecitare una valutazione sull’opportunità di variare la composizione del collegio giudicante. Lo scopo è quello di evitare che la nuova decisione sia presa dagli stessi giudici che l’8 marzo scorso hanno già respinto la richiesta del partito di riammissione della lista. Il Tar ha accolto parzialmente l’istanza. A presiedere il collegio sarà sempre Eduardo Pugliese; cambieranno però gli altri due componenti, a cominciare dal “giudice relatore” che non sarà più Mariangela Caminiti, ma Francesco Arzillo.
C’è anche un altro cambiamento rispetto al testo del ricorso: la responsabilità dei dubbi sull’autenticità dei documenti relativi alla presentazione della lista romana del Pdl per le regionali nel Lazio - si legge, infatti, nel testo - «è imputabile alla sola negligenza dell’ufficio centrale circoscrizionale». «Se l’ufficio avesse adempiuto al proprio compito e ricevuto la documentazione (plico e cartellina), anche ritenendone la presentazione tardiva, ogni dubbio non avrebbe avuto alcuna ragione di sorgere», si contesta nel ricorso contro il provvedimento del 12 marzo scorso. Tutto ruota intorno alla presenza di una cartellina (della quale si darebbe atto nella dichiarazione di un carabiniere) che avrebbe dovuto contenere gli atti mancanti rispetto al “plico rosso”, la scatola contenente parte della documentazione.
Per i ricorrenti «non è pensabile che il legislatore abbia inteso estendere l’onere probatorio anche alla dimostrazione della perfetta identità della documentazione prodotta in sede di ripresentazione, rispetto a quella in possesso dei delegati al momento dell’ingresso nei locali del tribunale.

Non è materialmente possibile dimostrate a distanza di due settimane il contenuto della documentazione che i delegati del Pdl avevano con sè il 27 febbraio. L’onere di fornire tale (impossibile) prova non può gravare sui delegati del Pdl».

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