Con Pecoraro anche i numeri diventano un’opinione

Caro Granzotto, nella sua per molti versi encomiabile battaglia contro i luoghi comuni dell’ambientalismo e le sue drammatizzazioni, lei ha giustamente rilevato che tutti gli scenari esposti dall’Intergovernmental Panel on Climate Change dell’Onu (Ipcc), in pratica il rapidissimo progressivo aumento della temperatura globale, il cosiddetto global warming, e la conseguente desertificazione di buona parte del pianeta, sono determinati da modelli matematici. Aggiungendo però che i modelli matematici sono paragonabili agli oroscopi e quindi di nessuna attendibilità scientifica. Consenta a me, ingegnere, di correggerla: il modello matematico opera su oggetti matematici che raffigurano entità reali e in pratica aiutano a capire se questa o quella soluzione applicata al modello reale risulta o non risulta adeguata. Tutto ciò non interrogando gli astri, ma in base al rigoroso ragionamento matematico e la matematica si sa che non è una opinione. Se, come è spesso il mio caso, devo ideare o modificare un circuito integrato non posso assolutamente prescindere dai modelli matematici e questi sono fatti, non astrologia. Ne prenda nota, caro Granzotto: l’apocalismo ambientalista presenta il fianco a ben altre critiche, ma non nel campo degli strumenti di analisi e ricerca.
Severino Bonaiuti e-mail


Deve sapere, caro ingegnere, che il mio rispetto per la matematica è tale che non oso nemmeno avvicinarla. Tant’è che non so fare non dico una equazione di primo grado, ma nemmeno le divisioni a due cifre. Pensi un po’ lei. Si figuri quindi se non credo ciecamente all’infallibilità dei modelli matematici. Però l’entità reale simulata dai modelli matematici di quegli sparaballe dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (al cui capataz, un economista, hanno rifilato il Nobel facendolo giustamente compare di Dario Fo) è il clima. Cioè quanto di più instabile, complesso, capriccioso e in larga parte oscuro nei processi di causa ed effetto. Lei casca bene: deve sapere che una decina di giorni fa i torinesi ricevettero un messaggio telefonico della Protezione civile che preavvisava, per l’indomani, una fortissima nevicata. Consigliandoli di applicare le catene agli pneumatici, fornirsi di sale da spargere sugli accessi alle case eccetera. Anche stampa e televisione lanciarono l’allarme e fu tutto un disporre squadre di spalatori e allineare, pronti all'intervento, gli spazzaneve. Nevicò, ma fu una spolveratina e già alle undici non ne rimaneva traccia. Colpa, spiegarono poi gli addetti ai lavori, del fatto che l’aria umida proveniente dalla Liguria invece di dirigersi su Torino s’era diretta in tutt’altra direzione.
Bene, stamani (sabato) a Torino fiocca che Dio la manda. E nessuno, dicasi nessuno, aveva previsto il fenomeno. Niente telefonate della Protezione civile, niente «allarmi» lanciati dagli organi di informazione, niente spazzaneve in pole position. Niente di niente.

Ora io dico, se con tutti i satelliti, gli osservatori, i modelli matematici, la fulminea rapidità nell’elaborare calcoli e nello scambiarsi dati e informazioni non si riesce neanche a prevedere l’andamento climatico del giorno appresso e in una zona circoscritta, come poter credere che sia possibile prevederlo per i prossimi vent’anni sull’intero pianeta? Se basta un alito di aria umida proveniente dalla Liguria a mandare a gambe all’aria un modello matematico che sconquasso può determinare il ruttino di uno dei quindicimila vulcani attivi sparsi sul pianeta? No, caro Bonaiuti, la matematica non è un’opinione. La diventa, però, se in mano ai Pecoraro Scanio (ma quando si dimette?).

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