da Roma
Anche ieri il mondo si è fermato a guardare con apprensione al letto di ospedale dove giace Ariel Sharon e, in buona parte, il destino del difficile processo di pace tra Israele e la Palestina. E pure la Santa sede ha espresso la sua «grande preoccupazione» per il primo ministro israeliano, «una figura centrale per il processo di pace». A farsi portavoce dellangoscia di Benedetto XVI e della solidarietà della Chiesa verso Israele e il suo popolo è monsignor Giovanni Lajolo, «ministro» degli Esteri del Vaticano, durante una lunga telefonata con Oded Ben Hur. «A monsignor Lajolo - racconta lambasciatore dIsraele presso la Santa sede - ho potuto spiegare che il percorso di pace continuerà e non subirà battute darresto. Il governo israeliano, infatti, è determinato a portare avanti il processo di pace e a seguire la strada tracciata da Sharon in una linea di piena continuità».
Parole di solidarietà arrivano anche da Marcello Pera che sottolinea come le condizioni di Sharon «stanno già compiendo metà del miracolo». «Le partecipazioni al dolore, la solidarietà, le cerimonie religiose, le preoccupazioni verso un futuro che potrebbe essere peggiore - spiega il presidente del Senato - mostrano che, in Italia e in Europa, dalla fase dellostilità e della diffidenza nei confronti di Israele si sta passando a quella della consapevolezza dei rischi». Pera richiama lUe alle sue responsabilità, perché «per il coccodrillo europeo questo non è il momento di lacrimare». «Occorre - aggiunge - guardare dritto di fronte a noi. Verso un uomo che affronta la sfida più difficile per sé e il proprio popolo. Verso la solidità e grandezza della democrazia israeliana. Verso quel pezzo di Europa che difende i valori fondanti della nostra comune tradizione con una forza e un orgoglio come da tempo non sanno più fare gli europei del vecchio continente». Per Sharon, il presidente del Senato ha parole di elogio, perché «è importante che oggi si riconosca in lui un elemento della stabilità internazionale e un operoso costruttore di pace». E visto che «la sua ostinata difesa della sicurezza dello Stato di Israele è la vera base della pace in Medio Oriente», Pera auspica che «il miracolo si completi» con «il passaggio alla fase di una politica più attiva e responsabile». «Perché - spiega - i rischi aumentano. Il terrorismo internazionale potrebbe approfittare della situazione per evitare che il processo di pace vada avanti e per mettere in difficoltà quei nuovi leader palestinesi che, per quel processo, si sono esposti come mai era accaduto in passato. E quei paesi che al terrorismo danno sostegno potrebbero pensare che sia arrivato il momento di attizzare nuovo odio religioso per destabilizzare lintera regione». Le parole del presidente iraniano, dunque, «devono essere prese sul serio e non considerate semplicemente come irresponsabili o innocue».
Preoccupato anche Gianfranco Fini, perché - spiega il ministro degli Esteri - «Sharon ha dimostrato di essere fortemente motivato a dar vita a una pace che garantisca sicurezza e la nascita dello Stato palestinese». «Ho pregato per lui», dice Roberto Calderoli, che si augura «di cuore che avvenga il miracolo di una sua ripresa». «In ogni caso - aggiunge il ministro delle Riforme, come Pera molto critico verso il presidente dellIran («i suoi sembrano i deliri di Hitler») - prego che Israele e tutto lOccidente sappiano ereditare la lezione e il messaggio di pace che il grande leader israeliano, contro tutti, ha intrapreso e portato avanti». DallUnione, invece, arriva laugurio del sindaco di Roma Walter Veltroni, perché «chi ama la pace deve sperare che lispirazione con cui Sharon ha portato avanti il dialogo con in palestinesi possa proseguire e svilupparsi nei prossimi mesi».
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