Perché all’Italia conviene aiutare Atene

Dopo molte discussioni è stato varato un accordo fra i 16 Paesi membri dell'Unione monetaria europea per aiutare la Grecia, il cui debito pubblico fatica ad essere collocato sui mercati finanziari. L’eventuale aiuto, consistente in un prestito che secondo le indiscrezioni dovrebbe ammontare a 22 miliardi di euro, cui si affiancherebbe un apporto di 11 miliardi del Fondo monetario internazionale, ufficialmente è volontario, ma di fatto è stato deciso dopo un accordo fra Angela Merkel, cancelliere dalla Germania, e Nicolas Sarkozy, presidente francese. Esso comporta, per ciascuno, di contribuire con una somma calcolata sulla base della quota detenuta nel capitale della Banca centrale europea. Quindi a carico dell’Italia, che conta per il 12,5%, si tratterebbe di 2,5 miliardi di euro circa.
La decisione è stata presa da Francia e Germania come se essi fossero il governo di fatto dell’euro zona. Tale sensazione è rafforzata dal fatto che la soluzione adottata è un compromesso fra la tesi di Sarkozy che voleva un aiuto dei soli Stati dell’euro e quella della Merkel che avrebbe preferito che se ne occupasse molto di più il Fondo monetario e che la Grecia cercasse di fare un proprio sforzo maggiore di quello che sta facendo. Sarkozy non voleva una intrusione del Fmi e desiderava un aiuto sollecito, non un aiuto dilazionato, come la Merkel, sostenendo che chiamare in aiuto di uno Stato dell’euro un soggetto esterno come il Fmi implica di ammettere che i membri dell’euro non sono in grado di risolvere da soli le questioni che riguardano la loro moneta perché non sono abbastanza solidali fra di loro. La reale ragione della linea di Sarkozy sembra un po’ diversa. Il direttore generale del Fmi è l’economista Dominique Strauss-Kahn, leader del Partito socialista francese, che lo stesso Sarkozy ha voluto fosse messo a capo di tale prestigiosa istituzione che ha sede a Washington, per evitare di avere fra i piedi un rivale politico. Ma ora il prestigio di Sarkozy è in declino e quello di Strauss-Kahn in ascesa e se il Fondo monetario va in aiuto dell’euro sotto la sua guida, le sue quotazioni possono salire ulteriormente e lui può essere un pericoloso rivale di Sarkozy nelle future elezioni presidenziali.
La Merkel ha un altro problema: i tedeschi non vogliono pagare per la Grecia per una serie di ragioni, che dovrebbero riguardare anche gli altri membri dell’euro: essa ha truccato i dati finanziari e ha preso in giro gli altri con previsioni irreali sul bilancio del 2009. Basti dire che aveva mandato a Bruxelles una previsione di deficit del 3,7%; esso è diventato del 12,7%. Il debito pubblico doveva essere il 112% del Pil ed è diventato, quest'anno, il 125,7%. La pressione fiscale in Grecia era, prima della crisi, soltanto il 37% del Pil mentre in Italia è il 43% come in Francia e in Germania il 42%. Il piano di austerità del premier greco Papandreou comporta un aumento di imposte del 2% del Pil e un taglio di spese insignificante.
È difficile spiegare ai contribuenti europei che bisogna essere solidali con i greci, che sino ad ora hanno pagato meno tasse degli altri e adesso si ritrovano col grosso deficit. La Merkel e il governo italiano erano perciò favorevoli a un ampio intervento del Fondo monetario, assieme a quello dell’euro zona, per diluire l’onere a nostro carico mediante il contributo internazionale. La Germania, la Francia, l’Italia eccetera versano una quota cospicua di denaro al Fondo monetario essendone azionisti. Quindi il Fondo non è per noi un «estraneo», è una nostra istituzione. È logico che ce ne serviamo. Tremonti si è defilato dalla discussione perché all’Italia che ha un debito che oscilla sul 115% del Pil conviene che ci sia un accordo come questo, che serve a placare le acque della speculazione finanziaria nei riguardi di membri dell’euro con debito pubblico a rischio. L’Italia non è nella lista di tali Paesi a rischio perché ha contenuto il deficit di bilancio 2009 a un livello inferiore al 5%, ha costantemente ripagato i suoi debiti, ha un sistema bancario sano, una fiscalità efficiente e un elevato risparmio delle famiglie.
La lista dei Paesi che dopo la Grecia potrebbero essere colpiti dalla speculazione al ribasso sul debito pubblico include il Portogallo e la Spagna, non noi. Ma a noi interessa che il tasso di interesse sul nostro debito sia il più possibile vicino a quello del debito tedesco, che è considerato il migliore, a livello mondiale.

Dunque dover pagare 2,5 miliardi di euro per un prestito alla Grecia costituisce per noi una polizza di assicurazione per contenere il costo degli interessi sul nostro debito pubblico. Speriamo che ora la Grecia faccia il suo dovere e si attivino i controlli perché ciò accada.

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