Politica

«È pericoloso andare in Libano Il comando Onu non funzionerà»

Il governo ostenta ottimismo: 160 milioni a semestre per 3mila militari. Ma la spesa annua sfiorerà i 600 milioni

Fausto Biloslavo

Il generale Mario Arpino non solo parla di missione libanese «pericolosa ed incerta, come esito e durata», ma denuncia gli «utili idioti» di casa nostra, che si riscoprono interventisti con il recondito desiderio di menare gli israeliani, anziché gli Hezbollah. Classe 1937, ufficiale dell’Aeronautica per 45 anni, ha appeso la divisa al chiodo come capo di stato maggiore della Difesa. Nelle librerie c’è un suo libro, «Cento Opinioni», edizioni Mursia, che raccoglie pensieri fulminanti «sulla pace e sulla guerra dopo l’11 settembre».
Generale, oramai la nuova missione dei caschi blu in Libano dovrebbe partire, ma come spiega la ritrosia europea a partecipare?
«Con il fatto che è una missione pericolosa, con un esito incerto, una durata incerta ed un numero di cose da fare che sono pure queste incerte. L’attuale missione Onu che andiamo a rafforzare è la più sanguinosa, con 260 caschi blu morti dal 1978. Colgo l’opportunità politica di questo intervento, ma l’importante è che non sia un’operazione di carattere ideologico».
Per compiti incerti intende anche il disarmo di Hezbollah, che non spetterà ai caschi blu. Lo dovrebbe fare l’esercito libanese. È realistico?
«Una cosa è circondare i loro depositi o farsi dare i ventiquattro razzi katyusha che ciascun villaggio avrà nascosto nel fienile. Un’altra è compiere un’operazione politica di disarmo. Come si mistifica continuamente la parola pace si finirà per mistificare anche la parola disarmo. Se disarmo vuol dire prendere gli Hezbollah e arruolarli nell’esercito libanese significa che abbiamo preso in giro qualcuno (gli israeliani nda)».
Il generale americano William Nash, che ha comandato la Nato in Bosnia dopo il disastro dei caschi blu, ha spiegato al «New York Times» che le truppe internazionali rischiano di venir prese fisicamente in ostaggio dagli Hezbollah e politicamente da Israele. Cosa ne pensa?
«Il pericolo esiste anche se non è escluso che gli Hezbollah si comporteranno bene per rafforzare la propria credibilità. Se utilizzano i caschi blu come ostaggi la manterranno presso i paesi arabi, ma la perderanno presso gli utili idioti, fra i quali in Italia abbiamo molti rappresentanti, come in tutto il mondo libero».
Per utili idioti chi intende?
«Quelli che girano per le piazze, bruciano bandiere, gridano slogan inaccettabili, sostengono l’attuale governo ed in questa occasione si sono riscoperti interventisti. In Irak no, in Afghanistan neppure, ma un pochino sì, in Libano invece hanno dimostrato un grande entusiasmo all’idea di partire».
Anche Israele, per la prima volta, non vede l’ora che arrivino i caschi blu.
«Gli israeliani sperano che la forza Onu in Libano venga a proteggerli. Il mio timore è che molti di coloro i quali plaudono all’intervento credono invece di andare a darle in testa agli israeliani».
L’India ha già annunciato che vuole ritirare le sue truppe quando arriveranno i rinforzi. Alla fine ci saranno abbastanza uomini sul terreno?
«Se non si arriva almeno a 12mila soldati non si può fare. In Kosovo abbiamo dispiegato 40mila uomini per controllare un po’ di guerriglieri dell’Uck. Dodicimila uomini, come dice il ministro della Difesa Parisi con gli scarponi sul terreno, non sulle navi o disseminati in giro. Inoltre il numero minimo del nocciolo duro europeo, abituato ad operare assieme nella Nato, deve essere di 7-8mila uomini».
Si è anche parlato di una guida italiana della missione. Siamo in grado di assumerci una responsabilità del genere?
«Vinceremo la bambolina, forse non volendola veramente. A parte la battuta siamo in grado di mettere in piedi un comando, come abbiamo dimostrato nei Balcani. Però stiamo parlando di 7-800 uomini, duecento dei quali operativi 24 ore al giorno. Personale in più rispetto ai tremila italiani previsti».
Trattandosi di un’operazione Onu la catena di comando funzionerà a dovere?
«Assolutamente no. Non ha mai funzionato la catena di comando Onu, perché è inesistente. Al Palazzo di Vetro il dipartimento delle operazioni di pace è guidato da un francese. La proposta di Parigi è stata di metterci un italiano, mantenendo in Libano il comandante francese.

Lei si immagina quanto può contare questo comando dimezzato italiano presso l’Onu?».

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