«Un piano d’autore per dar luce alla città»

«Un piano d’autore per dar luce alla città»

Indimenticabile signorina Kores. Che in un intermittente accendi-spegni batteva sui tasti di una macchina per scrivere dall’alto del Palazzo Carminati, in piazza Duomo. Lo faceva dal 1916 restituendo alla città l’immagine della Milano laica che lavora dirimpettaia della Milano religiosa che proprio lì di fronte aveva la sua cattedrale. Un giorno poco dopo il 1990, la signorina Kores è stata fatta scendere da Palazzo. E con lei anche il lucido Bril del quale si sono perse le tracce. Lei invece riposa integra pronta a risalire su quel tetto se qualcuno desse retta all’architetto Piero Castiglioni, uno tra i più noti lighting designer di casa nostra, e a molti altri esperti di illuminazione che la pensano come lui. Come Carlo Guglielmi, presidente di Assoluce (l’associazione che riunisce i produttori di apparecchi) che definisce le insegne di piazza Duomo semplicemente «fantastiche e utili perchè erano la rappresentazione della rinascita della città in un momento di grande euforia».
Cos’ha a che vedere la signorina Kores con l’illuminazione di Milano? Castiglioni dall’alto della sua esperienza buttà lì due dati. Il primo: è il 1911 quando George Claude crea il neon. Cinque anni dopo su Palazzo Carminati ecco piazzarsi la signorina Kores e il Lucido Bril. «Avevamo le insegne pubblicitarie luminose prima di Piccadilly Circus», commenta senza nascondere il rammarico. E aggiunge: «La prima centrale elettrica nacque a New York in Pearl Street nel 1879, realizzata da Edison. Due anni dopo una società milanese in via Santa Redegonda realizza la sua centrale: Milano sarà la prima città in Europa ad avere la luce elettrica. La Scala sarà il primo teatro mondo ad essere illuminato dall’energia. E la Galleria nascerà nel 1881 illuminata». Insomma nella sua storia Milano è stata all’avanguardia per l’illuminazione. Un primato che oggi ha perso, restando indietro non solo rispetto alle grandi capitali europee ma anche a città molto più piccole. Il tutto senza andare a scomodare la ville lumière per eccellenza. Il centro di Cinisello Balsamo è stato rivisto e corretto con apparecchi design, studiati dalla maggiore università femminile in Corea. Tanto per dirne uno. Insomma, affidarsi ai tecnici del Comune è come prendere «un’aspirina se si ha una broncopolmonite», per dirla con Guglielmi. Il professionista quando ci vuole ci vuole.
L’opinione vede concordi gli architetti che s’intendono di illuminazione. Ma non solo. Carlo Guglielmi, con la concretezza tipica dell’imprenditore dice: «Milano è la città più bella del mondo, solo che non la si sa valorizzare. Per farlo ci vuole amore e quindi “cultura”, conoscenza della storia. Non si può affidare l’illuminazione della città ai tecnici del Comune. Ci vogliono i professsionisti che abbiano le necessarie competenze». Guglielmi ha di recente incontrato l’assessore Sgarbi che avrebbe coinvolto gli esperti del settore per rivedere e correggere laddove si può. E se non si può affidare la luce di Milano ai tecnici del Comune, per chi se ne intende non si può neanche affidarla a uno come Toscani. «C’è un grande fraintendimento fra chi fa della luce spettacolo. La città non è e non può diventare un grande show», concorda Cinzia Ferrara, architetto dell’Apil, associazione professionisti dell’illuminazione. «Il vero problema? A Milano manca un piano generale, un senso comune di illuminazione della città. Si pensa a risolvere il problema di una via, di una piazza, di un quadratino di città che magari poi non va neanche d’accordo col quadratino a fianco». Per lei il top delle brutture è corso Lodi che - testualmente - «grida vendetta. Meno male che i pali da rossi sono stati tinteggiati di grigio almeno si nascondono un po’». Così mentre l’architetto svizzero argentino Alfredo Habërli che ha realizzato una lampada da esterni che si carica con i raggi solari, alla nostra domanda risponde con un’altra domanda: «Ma ci sono i pali della luce lungo le strade a Milano?». Come dire che la città è buia. Rincara Paolo Rizzatto architetto e fondatore dell’azienda «Luceplan»: «Milano non è illuminata male. È illuminata poco, lo si nota di più quando si arriva da altre città d’Europa». E insiste: «La luce è un elemento fondamentale per la percezione dell’architettura. Può distruggere una via o una piazza». Il Castello e il suo recente progetto di illuminazione viene bocciato senza scusanti sia da Rizzatto che da Castiglioni. Per quest’ultimo qualche sperimentazione un po’ più azzardata può essere fatta nelle periferie.

«Sono un fan di Las Vegas, tutto qui è kitch ma la sera con le sue luci acquista un suo fascino. Anche i centri commerciali più orribili con un gioco di luci e di pubblicità sembrano più belli di notte. La luce può abbellire e nelle periferie è concesso stare anche sopra le righe».

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