Un piano urbanistico che guarda al passato di una città immobile

L'Amministrazione comunale di Genova si accinge a licenziare una variante al Piano urbanistico della città. Il provvedimento è sostanzialmente diviso in tre parti: la spiegazione della necessità di adeguamento della materia alla legge regionale 16 del 2008, l'applicazione di indirizzi di pianificazione approvati con la deliberazione del Consiglio comunale n. 1 del 2009 e l'introduzione di un ambito speciale di conservazione per Sant'Ilario.
Gli argomenti oggetto della variante, benché singolarmente non privi di motivazioni, appaiono raggruppati un po' artificiosamente, almeno per come vengono rappresentati nella delibera.
La legge regionale 16/2008 ha contenuto di regolamento edilizio; e se da un lato l'articolo 88 prevede che i Comuni provvedano ad adeguarsi alle nuove definizioni, ovvero a «modificare la disciplina sostanziale dello strumento urbanistico vigente con adozione delle conseguenti varianti», d'altro lato il riferimento alla legge regionale sembra quasi meramente ricondotto al termine disponibile di diciotto mesi, peraltro a fronte di norme obsolete di trent'anni e riconfermate nel Puc del 2000.
In relazione alla revisione decennale del Puc, il carattere del provvedimento appare parziale e deficitario, non prospettando neppure l'attuazione completa degli indirizzi di pianificazione. In altri termini, è proposto solo uno dei temi urbanistici fissati dalla precedente delibera, mentre manca il necessario approfondimento istruttorio sulla realtà socio-economica genovese, indispensabile per la predisposizione di una variante effettivamente coerente con le aspettative amministrative.
In sintesi: quale città ha in mente l'amministrazione comunale per i prossimi dieci o venti anni?
Manca infatti una visione unitaria della città, e non è leggibile alcun riconoscimento delle potenzialità imprenditoriali e di investimento. Non si rinviene alcuna direttiva circa le iniziative (ad esempio sulle aree a ridosso del porto e dell'aeroporto) di infrastrutturazione territoriale, né tantomeno sono individuate aree a vocazione produttiva, accennando soltanto di sfuggita a quelli esistenti. Una simile deliberazione risulta, dunque, priva di ogni indicazione in termini di effettiva politica di pianificazione urbanistica e segna di fatto l'opzione espressa dall'amministrazione comunale per una crescita socio-economica tendente a zero o addirittura al negativo. Più che proporre iniziative future, insomma, rispecchia la situazione di stallo attualmente esistente.
Inoltre, l'eliminazione in determinate zone della possibilità di nuova edificazione, benché probabilmente corretta in termini strettamente urbanistici, lascia tuttavia ampi dubbi in termini «costituzionali», specialmente in carenza di un idoneo risarcimento di diritti acquisiti e di valori riconosciuti dal mercato. La questione non appare quindi sufficientemente approfondita; in fin dei conti, ad esempio, la più recente giurisprudenza ha rivisto i criteri di indennizzo per esproprio, definendoli in termini più liberali e meno statalistici.
E ancora, se può apparire condivisibile l'indirizzo di recuperare i volumi esistenti prima di costruirne dei nuovi, avrebbe potuto essere contemplata una qualche possibilità di «rottamazione» per favorire la demolizione o la sistemazione di innumerevoli interventi infelici, in cambio di parziali modesti aumenti di volumetria in grado di invogliare il mercato, e con ricorso a tipi di edilizia anche a migliore efficienza energetica. Non si notano inoltre riferimenti o riscontri alle norme di snellimento in favore dell'edilizia recentemente introdotte dal Governo.
Anche per Sant'Ilario, come per altri ambiti, «meglio tardi che mai». Si osserva, ancora, che la corresponsione dell'incentivo per la progettazione previsto al punto 6 del dispositivo comporta assunzione di spesa, e che la dichiarazione di immediata eseguibilità del provvedimento può apparire incongrua a fronte di valutazioni ritenute obsolete perché concepite trent'anni orsono.


C'è, infine, da domandarsi quale affidabilità possa dare una Amministrazione comunale che, invece di creare incentivi per attrarre investimenti nella nostra città, mette in campo una serie di norme che di fatto vanificano la possibilità di portare a termine iniziative che avevano trovato legittimo fondamento nel quadro normativo esistente ed approvato dalla stessa maggioranza. Speriamo che i cittadini genovesi se ne ricordino alla prima scadenza.
*deputato del Pdl

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica