Roma «Èlìlafesta!».«Lìdove?».Èsabato pomeriggio, mai giorno delle dimissioni del Cavaliere fu più azzeccato per riempire di emozioni la giornata libera.Si fa un po’ di casino, si fischia Cicchitto e nun se spende ’na lira . Il fiumiciattolo umano divide così il blindatissimo centro di Roma in tre zone ideali. La prima, dalle 18,è piazza del Quirinale per l’arrivo dimissionario di Berlusconi; la seconda è sotto palazzo Chigi e raccoglie le famiglie uscite dallo shopping della galleria Colonna. La terza davantiPalazzoGrazioliperlaprevedibile gogna serale.
Si protesta e si vede che succede.
Si comincia sotto il Parlamento, dove un asfittico amplificatore diffonde le note di Bella ciao e un gruppetto di rasta se la prende col ministro Meloni «Vai a fare anche tu il bungabunga»,leinonrisponde.Tutt’attorno turisti stranieri allibiti si aspettano la rivoluzione, ma trovano una festa caciarona con pochi invitati. Verso sera il secondo sciame, una quarantina di gatti- in netta minoranza rispetto a reporter e telecamere sidirigeversoPalazzoGrazioli. L’ambitissimo retro (per le uscite allachetichelladeiverticiPdl) èblindato, dunque il gruppetto di ultrà si raccoglie all’uscita principale. Una sessantina di supporter di Silvio si fa sentire:esibiscelostriscione«C’èsolo un Presidente, eroe di libertà per tutti noi», ma se non fosse per la mediazione del prode Stracquadanio finirebbe male. È il festival italiano del«ve’ l’avevo detto io»e di chi vuol sapere l’effetto che fa Berlusca che va. Il panorama è questo, Silvio fa spettacoloanchequandoescediscena. Un paio di tricolori che sventolano rafforzano l’impressione che la gente rimarrebbe volentieri lì tutta la notte se non fosse che lo spettacolo termina con l’uscita dell’auto diretta al Quirinale. Insomma si chiude prima di cena. Un’appassionata rifondarolaconeffigiedelChearringa la folla: «Pensate non vedremo piùLaRussa,laGelmini,Sacconi,Alfano... ».L’acumepoliticovienebocciato da Idris, ugandese, che come Balotellidimostradiaverepiùtalentodiqualcheitaliano: «See, lirivedremo, li rivedremo...». Arriva Sacconi erispondecolditomedioauncontestatore. Sisapevacheavevauncaratterino. Anche Formigoni, sorpresa, manda a quel paese così la folla e aggiunge pure le corna. Più conciliante la Carfagna che al «vai a casa»fa sapere che ci sta andando.
Ormai è sera: si ode qualche clacson in festa, ma sono motorini e Roma ne ha come in tutta la Gran Bretagna.
Ma non è certo uno scudetto e così l’idea del corteo si ammoscia. «Te ne devi annà»dice un’agitata signora mentre l’operatore del Tg4 riprende un estemporaneo balletto bunga bunga. Qualche pugno malinconicamente alzato e alle 21 al Quirinale arriva Silvio. L’auto è accompagnata come al Giro d’Italia: da un lato gli impavidi sostenitori che gridano «Silvio, Silvio», dall’altra i nemici che rispondono con «Mafioso», «Buffone». Fantasia pochina, l’equivalentedelBersaniquotidiano. Alla tiritera degli slogan si unisce qualche monetina lanciata dai «Viola», anche qui poca roba, centesimi, c’è la crisi. Contrordine: no, non è lui, se sò sbagliati! Tarderà dieci minuti su consiglio della scorta e uscirà dalla porta secondaria.
In via Plebiscito, davanti a Palazzo
Grazioli, resta qualche centinaio di irriducibili a occupare la strada. Per liberarla intervengono le forze dell’ordine con una leggera carica. Lo spettacolo è finito e gli amici se ne vanno.A magnà,che s’è fatto davvero tardi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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