La pittura come indagine mistica e fuga dal proprio male di vivere

er certi versi affine all'esperienza di Bastianino è quella dell'ultimo grande pittore del Cinquecento, che è Federico Barocci. Un pittore senza dubbi e senza errori. Non senza significato, per la sua concezione integrata della pittura, è l'origine urbinate, come quella del grande Raffaello. Negli anni della sua formazione c'è anche il rapporto con un pittore veneziano convertito al michelangiolismo, Battista Franco, che lo indirizza opportunamente allo studio della scultura antica. Fin dagli esordi nella Pala di Santa Cecilia per il Duomo di Urbino, diversamente da Bastianino, Barocci trasforma, quando non ignora completamente, il modello.
Ben presto, poco più che ventenne, lo ritroviamo a Roma su chiamata del cardinale Della Rovere. Non per questo egli rinuncia all'amata patria e, in un perfetto pendolarismo, lo troviamo a Roma, poi ancora a Urbino, poi a Roma. Il suo affetto per la città natale è denunciato anche da segnali evocativi, come la presenza del Palazzo Ducale sullo sfondo di uno dei suoi capolavori: la Deposizione per la cappella di San Bernardino nel Duomo di Perugia del 1569. Viene poi richiamato in patria per un altro capolavoro, il Riposo durante la fuga in Egitto per il duca Guidobaldo. È l'inizio di una seria di capolavori di intatta perfezione e armonia, come la Madonna del gatto, l'Estasi di San Francesco per l'omonima chiesa d'Urbino, la Madonna del Popolo per la pieve d'Arezzo, la Deposizione per Santa Croce a Senigallia, il Martirio di San Vitale per l'omonima chiesa di Ravenna, l'Annunciazione per la cappella del duca Francesco Maria II a Loreto, la Visitazione per la Chiesa nuova di Roma e, ancora, la Presentazione della Vergine, sempre per la Chiesa nuova.
Il suo successo e la perfezione della sua opera aprono la strada a commissioni internazionali, come quella dell'imperatore Rodolfo II per la Fuga da Troia in fiamme. È nell'ultimo decennio del secolo che Barocci ci consegna alcuni dei suoi assoluti capolavori: il Cristo e la Maddalena, la Circoncisione, l'Ultima Cena, le Stigmate di San Francesco, la Crocifissione, la Natività. In apertura del secolo nuovo dipinge l'Istituzione dell'Eucarestia, e la Beata Michelina per la chiesa di San Francesco a Pesaro.
L'esecuzione delle opere di Barocci è meticolosa, concentrata, aliena da ogni abbreviazione o scorciatoia. La sua opera nasce da centinaia di studi preparatori e da un'esecuzione lenta e uniforme, anche se estranea a ogni interpretazione realistica in nome di una visione onirica. La sua pittura è una fuga, una consolazione, una ricomposizione del mondo. Barocci è un pittore tormentato e nevrotico, non meno del Bastianino. Le sue opere non rispecchiano la sua condizione psicologica, ma la compongono e la rasserenano. Questo nonostante l'infelicità dichiarata del Barocci che nelle lettere a Francesco Maria si lamenta della salute incerta, confessando la sua malinconia e anche il carattere irascibile.
Barocci supera il Manierismo attraverso la perfezione formale di ogni elemento compositivo senza pentimenti o audacie prospettiche. Per molti versi egli fa rivivere la poesia di Raffaello e la sua armonia formale, per esempio eliminando ogni incidenza dell'ombra sempre subordinata alla fisiologia del colore.

L'opera di Barocci è un manifesto ideologico che riabilita il misticismo religioso trovando la fonte d'ispirazione, al di là della terribilità di Michelangelo, in Correggio, con le sue morbide stesure.
Anche la prodigiosa attività grafica e incisoria è tutto meno che derivativa in innumerevoli soggetti. Ed è degno di nota che, nonostante l'universale riconoscimento, sia Urbino il suo teatro.

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