Poesie, articoli e ceramiche

Poesie, articoli e ceramiche

Un libro raffinato come raffinata e intensa appare nella foto di copertina la protagonista «Ada Morchio. Le mie poesie, i miei articoli, le mie ceramiche» (Marco Sabatelli Editore). Il libro non è dono di Ada a sé, il marito Renzo ha voluto ricordarci la sposa, mancata dopo 55 anni di matrimonio. «Mi divertivo talora, di qualche libro che leggevo - scrive nella premessa - a farle vedere un'illustrazione di qualche dipinto; mi diceva chi era il pittore e il museo in cui il quadro si trovava, non ne sbagliava uno». «È così che, senza che ce ne accorgessimo, crescevamo: giorno dopo giorno» rimarca del parlarsi d'arte e cultura nonostante formazioni diverse, umanistica di Ada Mussi, scientifica la sua. Tra gli interessi della moglie ricorda la storia, non solo cittadina e italiana ma di popoli lontani, le questioni sociali e la politica in anni giovani, poi il prevalere dell'amore per l'arte. Da questo «humus» si forgiò una critica autentica.
Prova ne è un articolo per le pagine genovesi di questo Giornale: «Il Rubens più bello è nella Chiesa del Gesù». Per farci capire che da qui doveva iniziare il percorso della mostra «L'Età di Rubens» al Ducale nel 2004, Ada polemizza sull'allestimento, pur curato da un regista, sui pannelli didascalici, solo «rassegna di famiglie grandi per censo e nobiltà». Con alta capacità di scrittura, ricorda: «Non è forse nel 1604 che comincia a Genova l'età di Rubens? Voluta da Marcello Pallavicino arriva la “Circoncisione” destinata all'altar maggiore della Chiesa del Gesù. Una pala d'intensa espressività religiosa, percorsa da due vortici, i personaggi in basso, gli angeli in alto...». A riprova di uno sguardo critico, cui basta «l'unghia del leone (non occorrendo la zampata)», un «Elogio dei piccoli Musei. Il Museo civico Amadeo Lia a La Spezia», curato da Marzia Ratti. L'articolo comparve sulla prestigiosa Rivista di Studi Italiani, tra le sue collaborazioni come altre nobili, a Resine, Equilibrio, Contrappunto.
Ada è stata originale ceramista con formazione in Albisola. Tra le ceramiche fotografate nel libro, mi colpiscono due Piatti: «La donna», supina e materna ma di ironica seduzione, «L'uomo», dritto in piedi come una freccia, il braccio levato verso un ideale. Struggente «Orfeo ed Euridice», un Piatto con una frattura a separare due mondi: il buio dove lei resta, lui che a malincuore torna alla luce, la cetra buttata a terra: privato della sua donna, non farà più musica. Estrosa, elegante Ada anche nell'attrezzare il pavimento della casa a Pontinvrea con piastrelle bianche e nere a scacchiera, su cui dalla scaffalatura a parete i suoi scacchi in ceramica sembrano voler buttarsi nel gioco.
Il libro si apre con dieci poesie, dal 1944 al '50: versi contemplativi, desiderio di pace claustrale, di religiosità nel periodo segnato dalla guerra. «La Sosta» è per la madre che lavorando l'educò al lavoro: Ada è stata preside a Loano. Con lei un rapporto tanto più speciale quanto più restarono sole dopo la morte prematura del padre. Le dice: «Io cerco ancora me stessa in te,/ nel tuo bene, mamma/ amica mia».

E nel chiederle di insegnarle la via: «Faremo allora/ la strada insieme;/ e arriveremo alla sosta/ tenendoci a mano». Un tenersi per mano - in famiglia - che ci riporta il senso di un mondo per bene, profondo di affetti.

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