"Temevamo un attacco nucleare". Così il mondo è arrivato a un passo dall'Armageddon

Nell'ottobre del 2022 la Casa Bianca era convinta che Putin fosse pronto ad usare armi nucleari contro l'Ucraina. L'intervento degli Stati Uniti, e della Cina, per sventare la minaccia di Mosca

"Temevamo un attacco nucleare". Così il mondo è arrivato a un passo dall'Armageddon
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C’è stato un momento nell’autunno di due anni fa, pochi mesi dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, in cui il mondo ha sfiorato pericolosamente l'incubo atomico. Lo affermò Joe Biden, scrive oggi il New York Times, in un evento politico svoltosi a New York il 6 ottobre del 2022 ammettendo alla presenza di esponenti politici del suo partito che “per la prima volta dalla crisi dei missili di Cuba ci troviamo ad affrontare la minaccia diretta dell’impiego di armi nucleari”. E se all'epoca gli inquietanti avvertimenti di Putin contro Kiev erano di pubblico dominio, solo adesso si apprende quanto Washington abbia temuto che lo zar dalle parole passasse ai fatti.

La minaccia russa

La convinzione di Biden derivava dalle intercettazioni di comunicazioni classificate in cui militari russi parlavano dell’arsenale nucleare. Alcuni messaggi sembravano corrispondere “a varie forme di chiacchiere”. Altri però coinvolgevano le unità dell’esercito della Federazione che sarebbero state responsabili dello spostamento e dell’impiego delle armi mentre in uno dei contatti captati dagli 007 un elemento in vista delle forze armate di Mosca discuteva della detonazione di un dispositivo atomico sul campo di battaglia.

In quel periodo Kiev era riuscita a volgere a proprio favore le sorti del conflitto scatenato dal Cremlino e per riprendere il controllo della guerra lo zar si diceva pronto a fare ricorso ad armi di distruzione di massa. Il timore degli americani era che i russi potessero usare la notizia costruita ad arte di una "bomba sporca" ucraina come pretesto per un attacco preventivo. L’opzione al vaglio di Putin sarebbe stata il lancio di un dispositivo tattico nucleare con l’obiettivo di spazzare via un’intera unità militare o di sventrare diversi isolati di una città.

Le conseguenze derivanti da un bombardamento nucleare sarebbero state difficili da prevedere ma per Biden se lo scenario peggiore si fosse verificato non si sarebbe potuto escludere la possibilità di un devastante “Armageddon”. In quel caso, la Casa Bianca aveva predisposto una reazione “drammatica”, seppur non nucleare, diretta forse contro le unità russe responsabili dell’attacco. L’amministrazione Biden avrebbe così inviato un eloquente messaggio volto a dissuadere da iniziative spericolate gli altri autocrati dotati di un arsenale atomico.

Il piano Usa

Per scongiurare l'impiego di armi nucleari russe, il presidente Usa incaricò il segretario di Stato Antony Blinken, il ministero della Difesa Lloyd J. Austin e il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan di contattare le loro controparti a Mosca. Al cancelliere tedesco Olaf Scholz, in visita a Pechino, fu affidato il compito di informare il presidente cinese Xi Jinping delle preoccupanti conclusioni dell’intelligence e per ottenere una dichiarazione pubblica contro la prospettiva di un utilizzo di armi russe in Ucraina. Il leader del Paese del dragone acconsentì. Anche l’India sarebbe intervenuta in tal senso.

Tra gli incontri più determinanti, riporta il New York Times, c’è poi quello avvenuto a Mosca a metà novembre del 2022 tra William Burns, direttore della Cia, e Sergei Naryshkin, capo dell’Svr, i servizi segreti esteri della Federazione.

Nel corso del meeting l’inviato dalla Casa Bianca spiegò che un attacco nucleare avrebbe determinato “chiare conseguenze per la Russia”. Non furono forniti i dettagli della risposta Usa ma quanto comunicato ai russi bastò per impedire al Cremlino di dare seguito alle minacce. Almeno sino ad ora.

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