Abu Mazen contro Trump: "Voglio una pace giusta". Ma all'Onu resta da solo

Il leader Anp puntava all'approvazione di un testo di condanna. Non ha ottenuto i numeri

Abu Mazen contro Trump: "Voglio una pace giusta". Ma all'Onu resta da solo

New York Il piano di Donald Trump per il Medio Oriente «deve essere respinto completamente» e «non deve essere considerato un riferimento internazionale per i negoziati». Abu Mazen arriva all'Onu a due settimane da quando il presidente americano ha presentato la sua «visione per la pace», e boccia la proposta senza appello. Il leader dell'Anp voleva che nel corso della riunione di ieri del Consiglio di Sicurezza venisse votata una bozza di risoluzione che condannava il piano Usa, ma il testo, preparato con Indonesia e Tunisia, secondo fonti diplomatiche del Palazzo di Vetro rischiava di non ottenere la maggioranza - 9 voti su 15 - a prescindere dall'eventuale veto degli Stati Uniti. E così, è stato per ora ritirato per continuare le discussioni. È «un piano preventivo israeliano-americano per porre fine alla Palestina, respingendo tutti gli accordi per creare due stati sui confini pre-1967. Non porterà pace e stabilità nella regione», continua Abu Mazen. «Io sono venuto a nome di 13 milioni di palestinesi per chiedere una pace giusta». Per questo si dice «pronto a rimanere alle Nazioni Unite per iniziare i negoziati immediatamente se trova un partner in Israele, sotto gli auspici del Quartetto e sulla base dei riferimenti internazionali». Ma «non può più accettare il ruolo degli Usa come unico mediatore». A suo parere, infatti, il piano dell'inquilino della Casa Bianca «rafforza il regime di apartheid di cui pensavamo di esserci sbarazzati molto tempo fa». «Questo è lo stato che ci darebbero - prosegue mostrando una mappa dei confini secondo Trump -. È come il formaggio svizzero».

La prima dura replica alle sue parole arriva da Israele: «Se Abu Mazen fosse serio riguardo ai negoziati, sarebbe a Gerusalemme o a Washington, ma non è interessato a trovare una soluzione realistica al conflitto», ribatte l'ambasciatore all'Onu, Danny Danon. «Non ci saranno progressi verso la pace finché rimarrà nella sua posizione. Solo quando si dimetterà, Israele e i palestinesi potranno fare passi avanti». Cerca di mediare invece il segretario generale Antonio Guterres: «Questo è il momento del dialogo, della riconciliazione, della ragione. Esorto i leader israeliani e palestinesi a dimostrare la volontà necessaria per far avanzare l'obiettivo di una pace giusta e duratura, che la comunità internazionale deve sostenere».

L'ambasciatrice americana al Palazzo di Vetro, Kelly Craft, non chiude la porta al negoziato, spiegando che il piano di pace Usa «non è un prendere o lasciare, è l'inizio di una conversazione, non la fine». «Non è un accordo, ma un'opportunità, e oggi è stato l'inizio». Per i paesi europei ex ed attuali membri Ue del Consiglio di Sicurezza, tuttavia, la proposta di Washington si discosta dai «parametri concordati a livello internazionale». «In linea con la posizione Ue, rimaniamo impegnati in una soluzione negoziata a due stati, basata sui confini del 1967, con scambi equivalenti di terre», chiosano i rappresentanti di Belgio, Francia, Germania, Estonia e Polonia, con la promessa di continuare ad «impegnarsi con gli attori interessati per rilanciare un processo politico in linea con il diritto internazionale».

E da Strasburgo, l'Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell'Ue, Josep Borrell, spiega che «non possiamo permetterci una nuova ondata di violenza in Palestina», e che questo piano è un punto di partenza, non certo di arrivo. Intanto a Ramallah, in Cisgiordania, decine di migliaia di palestinesi sono scesi in piazza contro il progetto Usa, e in appoggio ad Abu Mazen alle Nazioni Unite.

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