Ma forse, la parte del discorso che più descrive il ritardo italiano è un'altra: quella che fotografa il dramma delle persone in carcere senza una condanna definitiva. Qualche volta da innocenti, in ogni caso parcheggiate dietro le sbarre in attesa del processo per mesi o per anni. Francesco è concreto e tagliente come il suo cristianesimo: «La carcerazione preventiva, quando in forma abusiva procura un anticipo della pena, previa alla condanna, o come misura che si applica di fronte al sospetto più o meno fondato di un delitto commesso, costituisce un'altra forma contemporanea di pena illecita e occulta, al di là di ogni patina di legalità».
Non basta. Il vescovo di Roma si spinge anche oltre, sul terreno inconfutabile delle cifre: «In alcuni Paesi il numero dei detenuti senza condanna supera il 50 per cento del totale. Questo fenomeno contribuisce al deterioramento ancora maggiore delle condizioni detentive, situazione che la costruzione di nuove carceri non riesce mai a risolvere, dal momento che ogni nuovo carcere esaurisce la sua capienza ancora prima di essere inaugurato».
Per la cronaca, come ricorda l'associazione Antigone, la percentuale di detenuti in attesa di giudizio nei nostri penitenziari si avvicina pericolosamente all'asticella indicata dal Papa: il 40 per cento del totale, contro il 25 per cento della media europea.
Un dato mortificante, ancora di più se letto in controluce con i numeri, incivili, del sovraffollamento: l'Italia ha 146 detenuti ogni 100 posti letto. Un record per l'Europa. Insomma, si sta male in galera e ci si sta anche quando si potrebbe o dovrebbe essere fuori: perché poi, a distanza di tempo, viene accertata l'innocenza; ma anche perché le pene alternative alla detenzione, in caso di condanna, sono poca cosa rispetto agli standard europei. E sono diffuse dieci volte meno che in Spagna o in Francia. Abbiamo dunque un sistema che è punitivo ma è anche pieno di buchi, come un colabrodo. Abbiamo troppi detenuti in custodia cautelare, ma non la certezza della pena.
Il papa però non si ferma qui. Stigmatizza l'ergastolo: «Una pena di morte nascosta». Poi critica la pena capitale, «in tutte le sue forme, legale o illegale». E cita per nome, le esecuzioni extragiudiziali, forse pensando alla tragica, tormentata storia dell'Argentina e del Sudamerica: «Le cosiddette esecuzioni extralegali e extragiudiziali sono omicidi deliberati commessi da alcuni Stati e dai loro agenti, spesso fatti passare come scontri con i delinquenti».
Infine un papa pignolo, attento fino quasi al dettaglio, condanna quella forma sottile di tortura che è la «reclusione nelle carceri di massima sicurezza». Quel che ci manca, par di capire, è una giustizia né feroce né zuccherosa. Ma giusta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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