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Amici di no Tav e clandestini: ora i grillini scoprono il rigore

Il Movimento critico con i respingimenti e contrario alla legittima difesa alza la bandiera della sicurezza

Amici di no Tav e clandestini: ora i grillini scoprono il rigore

Il movimento fondato da Beppe Grillo ha scoperto la sicurezza. È una conquista di civiltà e un valore da inserire nel programma pentastellato. Pur se è conquista recente e soprattutto se è qualcosa che fino a poco tempo fa era lontano dalle priorità di un movimento che, se si voleva come antagonista della politica tradizionale, si è anche mostrato senza pudore come antagonista del nuovo slogan salviniano dell'«ordine e disciplina».

Nel Palazzo si ha ancora memoria di quanto accaduto un paio d'anni fa (legislatura precedente) quando in Commissione affari costituzionali si discuteva la proposta di legge sulla sicurezza urbana avanzata dal ministro degli Interni Marco Minniti (Pd). I grillini avanzarono l'idea di un emendamento che prevedesse l'apposizione sulle divise delle forze dell'ordine di un «codice identificativo univoco di squadra», visibile anche a «distanza di 15 metri e anche in condizioni di scarsa visibilità». La polizia naturalmente protestò: «I codici identificativi commentò allora Giuseppe Crupi, dirigente nazionale del Siap - metterebbero a rischio la sicurezza dei reparti di polizia e l'incolumità degli agenti perché li espone ad azioni di ritorsione mirate». Tra i firmatari di quell'emendamento anche volti noti dell'esecutivo di oggi come Danilo Toninelli. Nella sua prima fase, insomma, la base del Movimento reclamava di tutelare i cittadini dagli «agenti dal manganello facile». Soltanto un paio di mesi fa, poi, i grillini mostrarono tutta la fragilità del loro gioco di squadra quando si trattò di votare in aula il nuovo disegno di legge che disciplina la legittima difesa. Venticinque deputati pentastellati dissero no al disegno di legge tanto caro al ministro Salvini, per fortuna sua, però, intervenne compatto il centro-destra a far passare la proposta con i voti determinanti di Forza Italia e Fratelli d'Italia. Anche sul fronte dell'immigrazione la posizione del Movimento non è graniticamente radicata sulle posizioni della prima ora. Se la «corrente» che fa capo al presidente della Camera Roberto Fico continua a sostenere che la definizione di rifugiato dovrebbe essere estesa a coloro che scappano dalla fame provocata da desertificazione e altri disastri ambientali, Di Maio e Grillo si sono avvicinati alle posizioni della Lega, accusando le Ong che salvano i migranti di traffici poco cristallini. Eppure lo stesso comico genovese nel corso di un'intervista del febbraio 2018 a Kronos-il tempo della scelta (Rai2) parlò di immigrazione confrontando il nostro Paese con la Svizzera: «Gli immigrati? In Svizzera li fanno amministratori delegati, qui gli spariamo. Ognuno ha gli immigrati che si merita». Il ministro della Famiglia Lorenzo Fontana e lo stesso Salvini rimasero di stucco, poi, sentendo che un senatore Matteo Mantero aveva proposto a gennaio un disegno di legge per legalizzare la coltivazione in casa della cannabis (massimo tre piantine). Mantero è poi finito nel mirino dei probiviri del Movimento per aver votato contro il Decreto sicurezza. Ma già a gennaio Salvini lo aveva identificato come un «nemico», e del suo provvedimento aveva detto senza mezzi termini: «Non passerà».

Da sempre, poi, il Movimento ha camminato parallelo ai no-Tav. Fino a protestare vivamente per voce dei dirigenti torinesi del Movimento che hanno puntato il dito contro le cariche della polizia del primo maggio.

Una voce fuori dal coro rispetto alle altre posizioni politiche che hanno censurato la violenza degli antagonisti no-Tav, compreso Di Maio («Per sua indole il Movimento ha sempre invitato a manifestare in forma pacifica»).

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