Bari Alle 11,33 la terra tremò e la scuola Jovine si accartocciò come un castello di sabbia e si portò via il destino di una maestra e 27 alunni, gli angeli di San Giuliano di Puglia, provincia di Campobasso, dove il terremoto del 31 ottobre del 2002 provocò in tutto 30 morti. «Pochi giorni fa c'è stato l'anniversario della tragedia, ma al cimitero andrò la settimana prossima in forma privata perché preferisco evitare le commemorazioni ufficiali», dice Nicola Magrone, primo cittadino di Modugno, alle porte di Bari. Lui, l'ex magistrato che da procuratore di Larino condusse l'inchiesta sul crollo e rappresentò la pubblica accusa nel processo terminato sei anni fa con cinque condanne definitive, non usa mezzi termini: «in Italia le scuole sicure si contano sulle dita di una mano».
Sindaco, dopo il sisma nel Centro Italia il premier Matteo Renzi punta l'indice contro l'Europa che potrebbe bloccare le risorse per salvaguardare le aule. Che ne pensa?
«In termini assoluti posso condividere: Bruxelles non può fare il gendarme dinanzi a simili drammi. Ma il punto è un altro».
Quale?
«Che le scuole italiane sono pericolose. E non certo da ora».
Come si è arrivati a una situazione così grave?
«Questo è il Paese dei rattoppi».
Vale a dire?
«Si interviene sporadicamente».
Per esempio?
«Se crolla un solaio si provvede a ripararlo, se piovono calcinacci si sistema la facciata. Ma occorrerebbe ben altro».
Che cosa?
«Un progetto nazionale che coinvolga le scuole italiane. Purtroppo invece si va avanti con una prospettiva sbagliata».
Manca la percezione dei rischi?
«Forse si pensa sempre che certe cose non debbano mai accadere. E si finisce travolti dalla retorica dell'emergenza».
A cosa si riferisce?
«Agli annunci, ai soliti tardivi proclami. La verità è che c'è solo un modo per evitare questi drammi: intervenire in anticipo e portare a termine i progetti. Ed è ovvio che le scuole siano una priorità».
Eppure a San Giuliano di Puglia l'istituto Jovine fu l'unico edificio crollato. Cosa ricorda dell'inchiesta?
«All'inizio noi inquirenti eravamo percepiti con diffidenza, quasi con sospetto. Poi si è instaurato un rapporto di fiducia con gli abitanti».
In che modo?
«La gente ha capito che avremmo continuato a cercare la verità con tutte le nostre forze».
Qual è stato il momento più difficile?
«Quando ci fu l'assoluzione in primo grado. I parenti delle vittime erano disperati».
Lei cosa fece?
«Li invitai a casa mia: avevano bisogno di sostegno, promisi che la battaglia sarebbe andata avanti».
A distanza di 14 anni che paese è San Giuliano di Puglia?
«La ricostruzione tutto sommato ha
funzionato, la comunità ha mantenuto il legame con la propria terra. E il cimitero è un luogo speciale, che va assolutamente visitato: c'è una sensazione di quiete, si entra in un modo e si esce diversi, ridimensionati».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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