L'intero reparto, cioè tutta l'equipe medica e il personale di Terapia intensiva neonatale degli Spedali Civili di Brescia - 16 persone in tutto - è stata iscritta nel registro degli indagati con l'accusa di omicidio colposo per la morte del piccolo Paolo, il neonato deceduto a causa del batterio Serratia marcescens, contratto in ospedale.
Quello della Procura di Brescia è stato però definito «un atto dovuto» per permettere ai medici indagati di poter nominare un proprio consulente durante l'autopsia sul corpo del bambino, nato prematuro a fine giugno.
In realtà, accanto a quest'atto dovuto è stata depositata anche una denuncia dei genitori del piccolo Paolo. «Hanno ringraziato i medici spiega il primario di Neonatologia Gaetano Chirico ma vogliono capire cosa è successo e se è stato fatto tutto il possibile per salvare il piccolo».
Ma loro, i medici, sono spaesati di fronte alle accuse, perché nel reparto si lavora al meglio. «Non usiamo neppure il sapone perché sappiamo che può essere fonte di infezioni, ma solo gel. E abbiamo controllato dappertutto, lavandini, culle, persino il personale. E dopo un centinaio di tamponi ambientali non abbiamo trovato ancora nulla». C'è da impazzire quando capitano queste sfortune. E neppure si saprà a breve cosa racconterà il corpicino di Paolo. Il perito che dovrà sottoscrivere il referto autoptico depositerà entro 90 giorni il risultato dei suoi esami. Un tempo lunghissimo che si affianca al lavoro della Commissione interna dell'ospedale e a quello della Procura. Intanto l'accettazione della neonatologia è ancora chiusa. In reparto ci sono circa 20 bambini prematuri e forse solo settimana prossima si potrà accettare nuovi «ospiti». E non è detto infatti che la fonte dell'infezione possa essere stanata. «In trent'anni di carriera non mi è mai capitato un caso simile - spiega il primario che da vent'anni lavora presso gli Spedali Civili di Brescia -. Purtroppo in quasi tutte le terapie intensive si va incontro a queste infezioni».
La situazione dell'infezione sembra sotto controllo. Dei quattro infettati, Paolo è deceduto, gli altri tre rispondono bene alle terapie. Gli altri sei colonizzati - cioè sono asintomatici anche se hanno in superficie il batterio - tre sono stati dimessi, e tre sono ancora in reparto sotto osservazione ma non fanno alcun tipo di trattamento antibiotico. Il batterio Serratia marcesens, del resto lo conoscono bene in ospedale.
In passato sono stati registrati circa 200 casi conclamati in diversi ospedali italiani e le fonti di contagio sono state trovate sulle superfici delle termoculle o più raramente nel latte e nel sapone per il lavaggio delle mani. Il caso del batterio-killer a Brescia è scoppiato lo scorso 20 luglio quando il piccolo Paolo, nato prematuramente da un parto gemellare a fine giugno, ha contratto il batterio killer con altri tre neonati.
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