Parigi Alexandre Benalla protegge il presidente francese fino alla fine. In attesa di giudizio per le nuove accuse - di falso e utilizzo di falso relativo al rilascio dei passaporti diplomatici con cui ha viaggiato 23 volte dopo il licenziamento dall'Eliseo - l'ex bodyguard di Emmanuel Macron ieri è stato ascoltato dalla commissione d'inchiesta del Senato. Ammette di aver usato quei documenti. Nulla però su chi glieli abbia restituiti due mesi dopo aver lasciato l'Eliseo: «Ho commesso errori ma non ho mentito - dice sotto giuramento -. Me ne sono servito, ho ammesso lo sbaglio davanti alla giustizia e lo faccio anche davanti a voi, ma non posso dire altro, non ho deciso io di essere indagato».
Due ore di audizione. Il 27enne nega ogni chiarimento sulle modalità d'accesso ai passaporti, e sul perché fossero a sua disposizione dopo aver lasciato l'incarico al fianco del presidente: «Lo ripeto per la quarta volta, niente da dichiarare sulle richieste, sul rilascio e sull'utilizzo dei passaporti diplomatici. C'è un'inchiesta della magistratura e non voglio autoaccusarmi di nulla in quest'aula». Benalla sostiene di esserne tornato in possesso e di averli «usati 23 volte». Viaggi in Ciad e in altri Paesi con documenti apparentemente ingiustificabili dopo il licenziamento dall'Eliseo. «Non voglio accusare nessuno, ma i passaporti mi sono stati restituiti a inizio ottobre come utilizzabili».
Chi ha provveduto a verificare la sua posizione? E soprattutto perché aveva bisogno di un passaporto diplomatico visto che la sua missione era stata ridimensionata e confinata all'Eliseo?, chiedono i senatori. Dopo essere stato identificato come autore di pestaggi nelle manifestazioni del 1° maggio, il collaboratore del presidente era già stato demansionato a gestore di eventi interni. Eppure aveva 4 passaporti (due diplomatici). L'ultimo concesso il 28 giugno in circostanze ancora tutte da chiarire.
Domande anche sugli sms scambiati con Macron dopo il licenziamento, che rimettono il presidente al centro dell'affaire Benalla: «Non ho più contatti con chicchesia relativamente alla presidenza della Repubblica dal 24 dicembre», dice il 27enne. In mezzo c'è però il suo viaggio «privato» in Ciad. Benalla vola a N'Djamena a inizio dicembre. Presenta il passaporto diplomatico e incontra il presidente ciadiano per discutere la vendita di divise militari. Pochi giorni dopo anche Macron si reca in Ciad e in Francia nessuno sembra sapere nulla della tappa di Benalla. L'ambasciatore francese spiega di esserne venuto a conoscenza per caso ritenendo di non informare il ministro degli Esteri Le Drian. Benalla ripete invece di aver comunicato alla «più alta istituzione francese» il suo viaggio d'affari. A una persona o un'istituzione?, chiedono i senatori? «Posso dire che per cortesia ho informato le persone che dovevano saperlo». Non un nome.
«Io l'unico responsabile», disse l'estate scorsa Macron per chiudere l'affaire. Benalla assicura: «Non nascondo segreti, non faccio alcun ricatto». «In sei mesi mi hanno dipinto come diabolico», ma «sto solo cercando di rifarmi una vita».
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