«Quest'anno si vota...». Immediata la risata in sala e altrettanto immediata la correzione di Renzi: «Scusate, volevo dire nel 2018 si vota». Direzione del Pd. Il premier ha appena promesso al Cavaliere che la legislatura andrà avanti fino a naturale scadenza ma poche ore dopo inciampa in una gaffe. Lapsus freudiano? Il premier vuole incassare il suo Italicum su misura per poi utilizzarlo subito? Ecco uno dei dubbi che ancora aleggia sul patto del Nazareno appena tagliandato da Renzi e Berlusconi. Un tema cruciale questo. E uno degli elementi per cui il Cavaliere è uscito «più che soddisfatto» dal faccia a faccia. Al di là degli aspetti meramente tecnici dell'Italicum su cui pare abbia detto «di queste cose vedetevela con Verdini», il Cavaliere s'è fatto mettere nero su bianco che la sua volontà non era portare il Paese al voto. Vero che spesso Renzi s'è rimangiato la parola ma Berlusconi è convinto che se lo farà perderà la faccia davanti agli italiani. Secondo risultato incassato da Berlusconi: Renzi s'è impegnato a consultare il Cavaliere per trovare un successore di Napolitano condiviso. Questione determinante: e se di nomi non ne sono stati fatti s'è esplicitamente detto che «nel metodo va trovata una figura che abbia ampissimo consenso». I due si sono lasciati bene. «Amorevolmente divisi», si ammette nell'entourage del Cavaliere. Le distanze rimangono tutte ma sia Berlusconi sia Renzi, nel day after, preferiscono guardare al proprio bicchiere mezzo pieno. Renzi esulta perché intimamente convinto che il Cavaliere non gli metterà i bastoni fra le ruote e perché sarà disposto a cedere sul premio alla lista.
Diverso il discorso sullo sbarramento: Renzi ha mostrato i muscoli dicendo di essersi ormai impegnato con i piccoli alleati di governo, Ncd in testa. Tuttavia non è detto che nelle prossime settimane quel 3% possa diventare un 4 o 4,5%. Cosa, peraltro, che in fondo non dispiace neppure al presidente del Consiglio. Anche Renzi pensa che uno dei mali del Paese sia la proliferazione dei cespugli in grado di porre veti e controveti.
Il Cavaliere può sorridere anche per aver ritrovato l'unità di Forza Italia attorno alla sua leadership. Certo, le differenze di atteggiamento nei confronti di Renzi rimangono tutte tra gli azzurri; ma i toni sono ben diversi rispetto a quelli di qualche settimana fa. I più critici nei confronti del Nazareno, tra i quali spicca Fitto ma anche Capezzone, Brunetta, Minzolini e altri 40 parlamentari si aggrappano ai «no» detti dal Cavaliere e lì rimangono. «Si discuterà in Parlamento», ripetono tutti convinti che Renzi stia bluffando e che con i soli numeri di cui dispone la maggioranza di governo non riuscirà ad approvare alcunché. In più, gioiscono nel vedere il premier sempre più in difficoltà sui temi economici. Proprio su questo punto promettono di pungere, se possibile, più di prima. Non a caso il rilegittimato Fitto ha carta bianca per fare convegni su convegni per picchiare duro sull'economia. E infatti l'ex governatore pugliese sposta i riflettori proprio su quello: «Il pacchetto emendativo che abbiamo preparato insieme a numerosi colleghi, e che è stato adottato da Berlusconi e Forza Italia l'altra sera, ha il valore di una contromanovra liberale, rivolta al ceto medio, agli autonomi, alle famiglie, alle imprese, a tutti quanti sono dimenticati o trascurati dall'azione del governo».
Berlusconi lascia fare. Anzi, benedice. Tuttavia si ritaglia un ruolo di «responsabile» sulle riforme. Ruolo che lo ripone al centro della scena politica. E lì vuole rimanere in attesa di una riabilitazione giuridica oltre che morale ed etica. Nell'attesa, il Cavaliere lavora al partito; il che vuol dire riposizionare Fi anche sul fronte alleanze.
E in queste ore ha dato mandato al fidato Altero Matteoli di riallacciare i rapporti con i centristi e gli alfaniani, soprattutto in vista delle elezioni regionali di primavera. «Dobbiamo parlare con tutti», si dice nel suo entourage.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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