Le Borse sono in questi giorni come un «falling knife», un coltellaccio da cucina che sta cadendo dal tavolo al pavimento, e quindi investire adesso è un po' come precipitarsi ad afferrarlo dalla lama pur di frenarne la vertigine: bisogna accettare il rischio di tagliarsi le mani. L'immagine, diffusa nelle numerose conference call che hanno scandito il fine settimana, dice molto di quale sia la tensione con cui investitori istituzionali e analisti si sono avvicinati alla riapertura dei mercati di questa mattina dopo il venerdì nero: Piazza Affari ha rimediato il peggior calo della storia (-12,5%) mentre le banche perdevano quasi un quarto del loro valore in una sola seduta e la sterlina finiva ai minimi da 30 anni.
Alcuni esperti pensano che il crollo di venerdì rimarrà isolato per quanto concerne l'intensità, ma di certo l'instabilità sui mercati resterà altissima ancora per qualche settimana. Le Borse saranno senza direzione, terreno facile per la speculazione e preda di forti oscillazioni in entrambe le direzioni. Un po' come accade nella smorfia, anche la paura dei listini ha poi un suo numero: 303. Cioè quanto valeva l'Eurostoxx 600 lo scorso 11 febbraio, quando sembrava che la crisi cinese sfociasse in una recessione globale e il petrolio passava di mano a 25 dollari al barile. Bene ora l'Eurostoxx, indicativo perché è il più industriale tra i grandi indici europei che includono anche il Regno Unito, è a quota 321, a un passo dal limite, avverte il direttore investimenti di Banca Generali, Claudia Vacanti. «Difficile prevedere se le Borse abbiano già prezzato tutto lo choc della Brexit o se invece perderanno un altro 10%», prosegue la top manager di Banca Generali. Ma resta il fatto che «quando tutti vendono in maniera indiscriminata, si possono presentare delle buone occasioni di acquisto. A patto di saperle scovare e di usare l'accorgimento non sparare tutte le cartucce in una volta».
C'è, tuttavia, una pre-condizione: che il leave rimbalzato dalle urne del Regno Unito non trascini tutta l'economia europea in stallo: stando alle prime (imprecise) stime l'«addio Europa» dei sudditi di Sua Maestà costerà a Londra tra 4 e 5 punti di Pil in tre anni, un bel danno anche per Buckingham Palace.
Si calcola che solo la City potrebbe perdere 100mila posti di lavoro per l'esodo della grandi banche d'affari, che non hanno convenienza ad operare su una piazza che perderà il suo «passaporto europeo». Una situazione al limite del paradosso per il Regno Unito, un paese povero di manifattura e che prospera sul flusso di capitali dall'estero e sui servizi finanziari. L'Europa dovrebbe invece veder sparire mezzo punto di Pil nell'arco di 12 mesi. Un danno gestibile.
A spaventare i mercati è tuttavia il caos politico che avvolge la Perfida Albione, divisa tra quanti vogliono un nuovo referendum e la spinta indipendentista della Scozia. Perchè ora rischia di esplodere l'intera Ue. Le speranze dei grandi investitori sono, quindi, appese al vertice straordinario dei capi di Stato europei in agenda da domani a Bruxelles. In attesa di un sussulto dell'ammaccato orgoglio dell'Europa politica, sono le banche centrali che si stanno consultando per capire come stringere le maglie di una rete di protezione che deve funzionare almeno in via temporanea: nel fine settimane erano riuniti a Basilea i primi 30 banchieri al mondo, a partire dal capo della Bce Mario Draghi e quello della Fed, Janet Yellen; presente anche il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco. L'Eurotower ha peraltro già premesso di essere pronta a iniettare sui mercati «liquidità aggiuntiva, se necessario, sia in euro sia in valuta estera». E analoghe rassicurazioni sono arrivate dalla Banca centrale inglese di Mark Carney, che però, scrive l'agenzia Bloomberg, ha deciso di dare forfait al forum annuale della Bce che si apre oggi in Portogallo.
Il modo per arginare il panico Brexit - prosegue Claudia Vacanti - è una «decisa risposta della Ue verso l'integrazione, a
partire da una efficace politica fiscale, dal piano Junker e dal Fondo salva Stati». L'arsenale, insomma, sarebbe ben fornito. Ma ora sono gli Stati europei a dover capire che non può più fare tutto il bazooka di Draghi.
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