Poteva mancare lo zampino di Rupert Murdoch nell'ascesa di Boris Johnson a Downing Street? Evidentemente no, visto che da quando il tycoon australiano ha messo le mani nell'industria mediatica del Regno Unito (1969), con il tabloid Sun, il defunto News of The World e gli autorevoli The Times e The Sunday Times (1981) «lo Squalo» è considerato complice del successo di Margaret Thatcher, Tony Blair e David Cameron. Ora si scopre che fra le prime nomine di Johnson è arrivata l'incoronazione di Andrew Griffith, uno degli uomini chiave nel mega-impero Sky Limited. Direttore operativo e finanziario della pay-tv, Griffith è stato scelto come consigliere capo per gli Affari di Downing Street. Si occuperà dei rapporti con il mondo del business, che rischiano di farsi parecchio complicati con la Brexit e ancora più complicati con un'eventuale No Deal, un'uscita senza accordo con la Ue.
Già da ieri, il boss di casa Murdoch è entrato al numero 10 del palazzo del potere, dove farà base a tempo pieno, come ha spiegato in un'email ai dipendenti l'amministratore delegato del gruppo Sky, Jeremy Durroch. Entro breve, dovrebbero arrivare le sue dimissioni dal colosso tv, dove entrò nel lontano 1999, per poi diventare nel 2008 direttore finanziario, apice di una carriera cominciata nella banca d'investimento Rothschild.
Fonti della squadra di Johnson hanno riferito che nella casa londinese di Griffith, una lussuosa villa a schiera da 9,5 milioni di sterline (poco più di dieci milioni di euro) l'ex candidato alla premiership dei Tory, da ieri il primo ministro Boris Johnson, ha trascorso nelle ultime settimane fino a 13 ore al giorno, per mettere a punto la sua strategia di governo. E questo pur avendo a disposizione un quartier generale ad hoc per la sua campagna. Secondo gli uomini del team-Boris, Griffith avrebbe solo messo a disposizione l'abitazione, separando il ruolo di uomo d'affari dalle «questioni personali», cioè il favore a Johnson perché potesse svolgere lì gli incontri con il suo gruppo di lavoro. Martedì però è arrivata la nomina.
Inevitabilmente la mente corre a Andrew Coulson, che fu scelto da David Cameron come capo della comunicazione di Downing Street dopo aver diretto il tabloid più venduto del Regno Unito, quel News of The World in mano a Murdoch e poi chiuso per lo scandalo delle intercettazioni telefoniche. Sull'onda di quell'inchiesta, Coulson finì in carcere e il figlio di Rupert Murdoch, James, lasciò la poltrona di presidente e amministratore delegato di News Corp. Fu in quella circostanza, con la testimonianza dello «Squalo» di fronte a una commissione d'inchiesta della Camera dei Comuni di Londra, che Murdoch ammise quello che tutti ormai sapevano: il tycoon entrava e usciva dalla porta sul retro di Downing Street, infinite volte, praticamente con tutti i premier dalla Thatcher in poi. Il tutto mentre i suoi giornali si spingevano in campagne feroci e a volte sadiche, come nello stile del Sun, capace di pubblicare le cartelle cliniche del figlio malato di Gordon Brown, anticipandogli sadicamente la notizia al telefono tramite la «pupilla» di Murdoch, ex direttrice del tabloid, oggi amministratore delegato di News UK e grande amica dell'ex premier Cameron.
Intrecci fra media e politica che si ripetono, stretti ed equivoci, tanto che Tony Blair fu padrino al battesimo di una delle figlie di Rupert e dell'ex moglie Wendi Deng. Lo spettro del tycoon, insomma, non smette di incombere su Downing Street. E sulla Brexit, che all'indomani del referendum, il tycoon definì «meravigliosa».
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