I camici bianchi liguri litigano per il servizio lavanderia. E la questione igiene scatena una polemica che spacca in due il mondo della sanità.Da una parte le Asl che hanno inserito un microchip in ogni indumento dei 22 mila dipendenti tra medici, infermieri e para medici della Regione per ottimizzare il lavaggio dei capi e farli risalire senza dispersioni al legittimo titolare. Dall'altra i sindacati e gli operatori sanitari che non hanno preso bene la novità tecnologica introdotta dalla lavanderia industriale. Sul talloncino, infatti, è indicato nome e cognome di chi lo indossa così che l'indumento diventa identificabile in qualsiasi momento.
E questo ha scatenato l'ira dei sindacati. Per Tullio Rossi, che ha scoperto il microchip nel suo camice, denunciando il caso, si tratterebbe di «un modo illegale per controllare i dipendenti e di una violazione della privacy». Rossi, che è in servizio come portiere all'ospedale Galliera, insieme con alcuni colleghi ha scritto una lettera alle Asl dicendo che il personale «è turbato per aver appreso casualmente della presenza di questo insolito oggetto identificativo». Insomma credono che il localizzatore sia un controllo «fuorilegge» sul posto di lavoro visto che fino ad ora per identificare gli indumenti erano utilizzate le targhette con nome e cognome del dipendente e i codici a barre. Un sistema che sembra generi molti sprechi rispetto al microchip che consente invece di sapere sia quando il camice viene ritirato dalla ditta che effettua il servizio di lavanderia e poi riconsegnato al dipendente sia, di conseguenza, quanti cicli di lavaggio l'indumento subisce, visto che dopo un certo numero deve essere sostituito. L'efficienza del sistema è sostenuta dall'impresa ServiziItalia di Parma che ha vinto la gara di un appalto da 66 milioni di euro per il lavaggio di tutti gli indumenti da lavoro degli ospedalieri per la durata di 48 mesi. E le Asl sostengono l'introduzione del microchip come un'innovazione sacrosanta. «Il camice e il microchip identificano la persona, sono associati a un dipendente. Questo permette, una volta lavato, che torni al proprietario, evitando che possa finire ad altri», ha spiegato il direttore della Asl 3 (Genova), Luigi Bottaro.
Sulla questione è intervenuta l'assessore alla Sanità regionale, Sonia Viale, secondo cui «il capitolato della gara per la fornitura a noleggio di biancheria (lenzuola, camici, divise) è chiarissimo: evitare sprechi e dimenticanze dei camici al di fuori degli ospedali, assicurando una corretta contabilizzazione dei materiali forniti, una maggiore sicurezza rispetto alle norme igieniche e antincendio, una maggiore qualità dei tessuti anche a garanzia del decoro delle divise e della biancheria utilizzate».
La battaglia finirà in una... bolla di sapore? Presto a dirlo.
Anche Viale ricorda che questo sistema risulta già diffuso in molte regioni d'Italia (Emilia Romagna, Lazio, Toscana,Lombardia, Veneto e Piemonte), proprio per evitare sprechi e ammanchi. Ma per tranquillizzare gli animi Viale si è impegnata «data la delicatezza della materia, a disporre ulteriori approfondimenti, a garanzia di tutto il sistema».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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