Camere di nomadi: uno su 5 ha cambiato casacca

Lo scilipotismo è diventato un fenomeno di massa da indagare con giusta attenzione

Camere di nomadi: uno su 5 ha cambiato casacca

All'epoca di Depretis (1882) vennero definiti «trasformisti», in seguito, cambia-casacca, saltimbanchi, camaleonti, canguri giganti, traditori. Il termine, da principio, voleva avere una connotazione positiva e definiva i parlamentari che cambiando schieramento miravano al superamento delle vecchie divisioni nel nome di un più alto interesse nazionale. Le cose, come si sa, non funzionarono. Tanto che Giosuè Carducci, un tipo alquanto burbero, ne colse il risultato: «Trasformarsi da sinistri a destri senza però diventare destri e non però rimanendo sinistri. Come nel cerchio dantesco dei ladri non essere più uomini e non essere ancora serpenti; ma rettili sì, e rettili mostruosi».

Eppure, il fenomeno del «nomadismo politico» si è strutturato come una costante nel panorama parlamentare, solo che nella prima Repubblica è rimasto circoscritto a una piccola schiera di voltagabbana. Nella seconda, lo scilipotismo è diventato un fenomeno di massa da indagare con giusta attenzione: nei giorni scorsi, pur se la XVII legislatura non è ancora al mezzo del suo cammino, è stato stabilito il record di parlamentari «trans» che si sono sentiti liberi di modificare gruppo o addirittura schieramento. Gli ultimi in ordine di tempo, sono un senatore e sette deputati (compreso l'ex ministro Saverio Romano) che hanno lasciato Forza Italia transitando nel nuovo gruppo Ala.

Un numero impressionante, specie se confrontato con il passato. La bibbia del fenomeno è un elaborato composto con acribia da Barbara Lama, ricco di dati e curiosità: Il trasformismo parlamentare alla Camera dei Deputati durante la Seconda Repubblica (Università di Bologna). Dal 1948 al 1994, epoca prima Repubblica – si deduce - la media dei trasformisti è stata del 6,3%, con un picco nella quarta legislatura, frutto però della scissione del Psi. E mai un deputato ha cambiato più di tre volte il gruppo di appartenenza. D'altronde, vigendo il sistema delle preferenze e la fede nel partito, chi lasciava il proprio schieramento, specie se come singolo o per motivi di «opportunità», veniva quasi sempre punito con la non rielezione.

Dal 1994 le cose sono invece cambiate e la percentuale di scambisti è salita oltre il 16%, con veri campioni del salto triplo, parlamentari che hanno cambiato casacca una, due, tre volte, fino a veri fuoriclasse che possono vantare fino a otto mutazioni di pelle. La legislatura attuale, partita sotto gli auspici di una grosse koalition poi naufragata, è diventata man mano il circo dei saltimbanchi che nella maggioranza dei casi sono corsi a sostenere il governo difendendo, guarda caso, il proprio strapuntino. Secondo i dati di Openpolis, a (quasi) metà legislatura, oltre il 20% cento dei parlamentari ha cambiato maglia: 220 tra deputati e senatori, 66 dei quali hanno poi deciso di tornare alla base oppure migrare in una terza, quarta, quinta posizione politica. Di fatto, a leggere la composizione dei gruppi parlamentari di Camera e Senato e i vari spostamenti si può avere la percezione del sublime del comico.

I motivi di questo brutto panorama sono vari, e riguardano la fine delle ideologie, le conseguenti mutazioni avvenute nei partiti, i cambi di legge elettorale, e anche un certo disinteresse, anzi una totale irresponsabilità, che gli eletti vantano nei confronti dell'elettorato.

Tanto, capita che si venga pure rieletti e non importa con chi o dove. Oggi Saverio Romano vorrebbe emulare D'Annunzio che andando a sinistra urlava «vado verso la vita», ma il suo sembra un più prosaico «vado a fare due passi».

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