Appiccicata. Meglio ancora, incollatissima. Alla poltrona, naturalmente. Questa, con tutto il rispetto, s'intende, l'impressione che si è avuta ieri ascoltando le considerazioni, in verità vagamente rancorose, che hanno accompagnato la dichiarazione di voto, anzi, di non voto, della senatrice a vita, Elena Cattaneo. Che, riguardo al provvedimento che segna comunque una svolta nella storia politica del nostro Paese, ha così sentenziato: «Non ho visto il coraggio di volare alto. La verità è che non è questa la riforma costituzionale che serve al Paese».
Cinquantun anni, senatrice a vita (terza donna ad approdare a Palazzo Madama dopo Camilla Ravera e Rita Levi Montalcini) nominata dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano giusto un anno fa, ricercatrice di fama mondiale, impegnata con successo sul fronte delle cellule staminali, la dottoressa Cattaneo, bene inteso, non rischia il posto a Palazzo Madama proprio perché di fresca nomina, ma nei giorni scorsi si era già messa in luce votando no alla modifica del secondo comma dell'articolo 59 della Costituzione che nella nuova versione suonerà così: «Il presidente della Repubblica può nominare 5 senatori cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Tali senatori durano in carica sette anni e non possono essere nuovamente nominati». In quell'occasione la senatrice Cattaneo si era così espressa: «Chiedere a questi colleghi italiani, che partecipano a disegnare l'eccellenza nel mondo, di sedere qui per non lavorare troppo è umiliante. E rivela ancora una volta per me quanto una buona parte della politica voglia effettivamente fare a meno di molte competenze per decidere in autonomia».
Stessa linea, stessa condotta ieri, adottata dalla senatrice. Con rincaro della dose per motivare la sua astensione (equivalente, nel regolamento di Palazzo Madama, ad un no) nel voto finale sulla riforma del Senato. Tre le sue considerazioni non proprio distensive. Ascoltiamole: «La prima riguarda il contesto generale in cui si sono svolti i lavori. Di scarso ascolto e linguaggio inadatto a un momento tanto importante. Si è parlato di allucinazioni e di professoroni con un sentimento di sufficienza verso accademici ed esperti politicamente impegnati. Il linguaggio deriva dal pensiero e gli illustri studiosi di storia politica presenti in quest'aula mi insegnano che l'anti-intellettualismo è un indicatore di crisi culturale e civile per un sistema liberaldemocratico». «La seconda considerazione è sul metodo utilizzato, troppo condizionato da strategie di governo e da discipline di partito, con cui si sono dettati contenuti, paletti e tempi, decisi fuori da quest'aula. È un metodo sbagliato perché non si può condurre un esperimento che presuppone libera condivisione democratica senza la disponibilità a esaminare davvero e analiticamente i risultati che questo esperimento è destinato a produrre», sottolinea ancora la senatrice a vita indicando nel progetto il terzo punto.
«Gli interventi da più parti e i miei colloqui con colleghi dell'emiciclo, mi fanno concludere che si tratta di un progetto tecnicamente pasticciato e frettoloso, attualmente decontestualizzato rispetto ad altre riforme. È un progetto che non è in grado ora di indicare l'esito, l'assetto, l'equilibrio, la visione del nuovo assetto costituzionale che stiamo costruendo». Parola di accademico. Sarà.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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