Se l'universo sovranista europeo seguisse le regole delle vite parallele Matteo Salvini farebbe meglio a preoccuparsi. In Austria, infatti, gli elettori hanno inflitto una durissima punizione al Partito della Libertà (Fpoe) dell'ex vicecancelliere Heinz Christian Strache costretto alle dimissioni a metà maggio in seguito alla diffusione di un trappolone video in cui confidava a una falsa ereditiera russa i piani per controllare la stampa avversaria. Per la stessa logica Giuseppe Conte farebbe bene a rallegrarsi. Sebastian Kurz, il 32enne leader del partito popolare conservatore (Oevp), prontissimo al momento dello scandalo ad escludere dal governo Strache e gli altri ministri dell'Fpoe per correre ad elezioni anticipate, ha fagocitato oltre la metà del 10% di voti perduti dal Fpoe salendo, secondo gli exit poll, dal 31,5 del 2017 al 37,1 per cento.
Ma l'Austria nonostante l'ingenuo pressapochismo della destra di Strache e il camaleontismo di Kurz non è l'Italia. E il giovane Kurz, a differenza di Conte, non è un uomo solo al comando, ma il leader conclamato di un Partito Popolare che dal 1945 a oggi non ha quasi mai abbandonato le stanze del potere. L'unico dubbio è quindi se Kurz, dopo aver usato l'Fpoe per soddisfare un elettorato protagonista, dopo la crisi migratoria del 2015, di un'energica virata a destra, tornerà a sperimentare la storica alleanza con i socialisti dell'Spoe. Dal punto di vista dell'opportunismo politico, qualità che certo non gli manca, il Cancelliere «in pectore» avrebbe tutto da guadagnare. Piegati da un'emorragia elettorale prossima, secondo gli exit-poll, al 5 per cento i socialisti non potranno certo imporgli molte condizioni. La loro forza consiste però nell'essere l'unica formazione in grado di garantire all'Oevp un governo stabile. L'alleanza con i socialisti eviterebbe a Kurz due alternative troppo fitte d'incognite per il suo animo squisitamente calcolatore. La prima sarebbe un ritorno all'alleanza con quella destra di Strache che, oltre a risultare assai imbarazzante, sarebbe anche assai poco consigliabile in base alle attuali dinamiche dei popolari europei.
La seconda, politicamente assai azzardata, sarebbe la formazione di un'inedita coalizione con i liberali del Neos, saliti al 7,5%, e quel movimento verde balzato sull'onda della Greta-predicazione dal risicato 3,8 per cento di due anni fa fin oltre il 14 attribuitogli oggi dagli exit-poll. Seppur matematicamente sostenibile l'alleanza con ambientalisti e liberali risulterebbe assai ardua da gestire e farebbe sicuramente torcere il naso all'elettorato più conservatore dell'Oevp.
Un elettorato saldamente radicato in quelle vallate e in quella zone rurali dell'Austria profonda dove la difesa dell'ambiente è intesa come un modello assolutamente tradizionalista. Un modello assai difficile da coniugare con il fanatismo anti progressista e laicista sostenuto dal movimento di Greta Thunberg.
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