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Ci sono già più pensionati che lavoratori. Nel Mezzogiorno sorpasso effettuato

Al Sud e nelle Isole 7,2 milioni di pagamenti a fronte di 6,1 milioni di addetti attivi

Ci sono già più pensionati che lavoratori. Nel Mezzogiorno sorpasso effettuato

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Più che di santi, poeti e navigatori, l'Italia è ormai un Paese di pensionati. Almeno stando alle statistiche dell'ultimo studio della Cgia di Mestre, dal quale si apprende che il numero di persone a riposo nel Sud del Paese ha superato quelle che lavorano. Comprese anche le isole, infatti, le pensioni pagate sono 7,2 milioni contro 6,1 milioni di contribuenti. La situazione è di poco migliore nel conteggio nazionale, dove il rapporto è sostanzialmente di uno a uno (22,7 milioni contro 23,1 di occupati).

Il dato è preoccupante per l'equilibrio del nostro sistema pensionistico e del bilancio dello Stato, ma anche per il deficit di addetti sul mercato del lavoro: secondo i conti dell'associazione degli artigiani, infatti, tra 2023 e 2027 il mercato del lavoro italiano richiederà poco meno di tre milioni di addetti in sostituzione delle persone che raggiungeranno la pensione. E sarà una ricerca non facile, visto l'andamento demografico di un Paese che invecchia. Mentre al centro-nord il saldo lavoratori-pensionati è per lo più positivo, con il picco di eccellenza della Lombardia (+733mila), nelle regioni del Sud il conteggio è negativo con in pole position la Sicilia (-303mila). Le cause alla base della situazione attuale per la Cgia sono tre fenomeni correlati fra di loro: la denatalità, l'invecchiamento della popolazione e la presenza dei lavoratori irregolari. La combinazione di questi tre fattori sta riducendo progressivamente il numero dei contribuenti attivi e, conseguentemente, ingrossando la fila dei percettori di welfare. Il trend è tracciato e non è possibile avere soluzioni miracolistiche, tuttavia dopo lunghi periodi in cui questo fenomeno è stato quanto meno poco considerato ci sono alcune cose da fare per riequilibrare il sistema. L'unica via possibile, quindi, consiste nell'allargare la base occupazionale. E questo lo si può fare - suggeriscono dalla Cgia - portando a galla i circa 3 milioni di lavoratori in nero, secondo le stime Istat. Inoltre, per far fronte al problema è anche necessario incentivare ulteriormente l'ingresso delle donne nel mercato del lavoro, visto che l'Italia è il fanalino di coda in Europa per il tasso di occupazione femminile (pari al 50%).

Il governo sta provando a mettere a punto una sua ricetta, che va dagli incentivi per chi resta di più al lavoro agli sgravi contributivi per le madri con due figli (contenuti in manovra) o i precedenti interventi per rafforzare l'assegno unico, utili a contrastare la denatalità. Nel decreto attuativo della delega fiscale, approvato in consiglio dei ministri a ottobre, è stato inoltre previsto un nuovo incentivo, finanziato con circa 1,3 miliardi, per agevolare le imprese ad assumere giovani, donne, lavoratori di categorie svantaggiate ed ex percettori del reddito di cittadinanza.

In ottica Sud, inoltre, da gennaio 2024 arriva la Zes unica, con nuove agevolazioni (anche fiscali) per chi investe in queste regioni.

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