Un bel discorso e passa tutto dicevano ieri. I nove voti con cui Ursula von Der Leyen s'è garantita la presidenza della Commissione confermano che non è cosi. Quel margine esiguo è la rappresentazione plastica dell'inconsistenza della nuova presidente. Del resto le promesse con cui Ursula von der Leyen ha tentato d'ingraziarsi l'europarlamento potevano convincere soltanto gli ultra-ambientalisti alla Greta o dei disfattisti convinti che l'unico modo d'arginare i Verdi sia l'appiattimento sulle loro tesi. Invece di presentarsi con un programma degno di quel centrodestra europeo da cui proviene la von Der Leyen s'è limitata a reinterpretare e far sue le tesi «politicamente corrette» care a quei liberali e socialisti di cui doveva conquistare i consensi.
Ma l'appiattimento sulle tesi ambientaliste che la porta ad auspicare per il prossimo decennio investimenti europei da mille miliardi nel settore climatico segnala anche l'inconsistenza del personaggio. Un personaggio che pur di farcela privilegia obbiettivi irrealizzabili e, soprattutto, poco in linea con i timori di una maggioranza europea preoccupata, invece, per la mancata crescita di un'Unione strangolata dai lacciuoli dell'austerità e del patto di stabilità. Come se non bastasse anche quando parla di flessibilità questa ricca ed elegante 60enne, figlia di uno dei primi euro-burocrati di Bruxelles, la immagina soltanto per favorire le battaglie ambientaliste o l'utopia di un salario minimo certamente auspicabile, ma difficilmente quantificabile fino quando permarranno gli squilibri economici che separano, per dirne una, l'economia di Atene da quella di Berlino. Ma quel che più stupisce è l'assenza di un progetto capace di garantire la ripartenza delle aziende europee strangolate dalla concorrenza cinese e dalla rinascita americana. E non devono illudere le promesse di maggiore solidarietà a paesi, come l'Italia, in prima linea sul fronte dell'immigrazione. Sono anch'esse parte della retorica buonista sfoderata ieri per incassar voti. Quindi se il buongiorno si vede dal mattino c'è poco da farsi illusioni.
La Ursula von der Leyen convinta di risolvere i problemi dell'Europa imponendo non la scelta di Commissari adeguati ma, «realizzando una perfetta parità di genere all'interno della Commissione» non ci porterà molto lontano. Anzi probabilmente ci farà rimpiangere il tanto denigrato spitzkandidaten Manfred Weber boicottato da Emmanuel Macron e deplorato da socialisti e liberali perché privo di esperienze di governo. Alla neo-eletta presidente Ursula von der Leyden le esperienze non mancano. Dal 2003 ad oggi è l'unica ad essersi sempre garantita un incarico all'interno di tutti gli esecutivi della Cancelliera Merkel. Il problema è semmai come li abbia gestiti. I successi nel campo delle politiche sociali e della famiglia sono stati infatti oscurati dal disastrosi risultati conseguiti alla Difesa. Accusata dai generali di aver distrutto le forze armate tedesche la von der Leyen è oggi nel mirino dei giudici pronti a verificare le parcelle per milioni di euro garantite a esosissimi consulenti esterni spesso risultati inadeguati o ingiustificati.
Alla resa dei conti la neo presidente, figlia di un
estenuante mercanteggiamento tra i popolari europei guidati da Angela Merkel e i gruppi socialisti e liberali rappresentati da Emmanuel Macron rischia di confermarsi un compromesso di seconda scelta e di pessima qualità.
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