Era maturo e finalmente è scoppiato. Intendo: il conflitto fra l'uomo e la natura. Ora è un fatto politico e ideale che ci divide. Un frammento della mia memoria: quando si scatenarono terremoti oggi dimenticati, come quello del Belice o del Friuli e poi l'Irpinia, l'Umbria, l'Aquila, nelle redazioni dei giornali si proclamava un lutto ipocrita: non per piangere le vittime, ma per lo spreco di spazio, le parole già scritte e le lacrime di coccodrillo.
Oggi dopo tante nuove esperienze siamo arrivati al dunque che deve fare l'uomo? Governare la natura oppure darle carta bianca e prendendosi la colpa delle sue manifestazioni più bieche e assassine? Il vescovo di Rieti ha detto che i morti sotto le macerie li fa l'uomo, mica la natura (che peraltro ci regala eruzioni virus pestilenze ferocia e infezioni via zanzara Zika).
Io sono del partito «Abbasso la natura assassina, viva l'homo faber». Ma dall'altra parte i vegani/talebani/catastrofisti della Natura Naturans vogliono che ogni scarrafone (e scorpione) sia bello a mamma sua e che nessuno tocchi Caino, nessuno tocchi ghiacciai, deserti e paludi. Per loro la natura morta siamo noi. Quando il clima mille anni fa raggiunse le temperature attuali, vichinghi e danesi ne approfittarono per distruggere l'Inghilterra romana.
Ma l'uomo organizzò la sventura e da cui fece nascere nuove città, ricchezza, arte. Lo scopo dell'uomo è contrastare e organizzare la follia della natura, sapendo che, se abbassa la guardia, quella se lo mangerà in un sol boccone.
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