La ministra della difesa Elisabetta Trenta ha uno strano concetto delle istituzioni e del proprio ruolo. Per punire Matteo Salvini, reo di dubitare delle sue capacità, manda la Marina militare a salvare i migranti in fuga dalla Libia e mettere in difficoltà il rivale. Peccato che quel giochino affondi non Salvini, ma l'Italia, la sua immagine e i suoi interessi nazionali.
Un giochino in cui i 5 Stelle sono i maestri assoluti. In meno di dodici mesi di governo le loro mosse maldestre hanno compromesso la nostra posizione in Libia, generato un inutile scontro con la Francia, annientato la nostra credibilità internazionale con le confuse prese di posizione sulla crisi venezuelana e innescato l'ostilità degli Stati Uniti grazie alle titubanze della stessa Trenta sugli F35 e la successiva, disinvolta firma degli accordi sulla Via della seta con Pechino. Sul fronte della Libia la compromissione della nostra credibilità incomincia a novembre con la conferenza di Palermo. Pur di avere tra gli ospiti un maresciallo Khalifa Haftar, interprete di interessi che mal si coniugano con la necessità di fermare i trafficanti di uomini e garantire gli investimenti energetici dell'Eni, il premier Giuseppe Conte sceglie, con il consenso del M5s, di mettere all'angolo il governo di Tripoli, trattare il generale come il nostro principale interlocutore e umiliare la delegazione turca.
Tutti errori che stiamo ancora pagando e ci hanno costretto, non appena l'offensiva militare di Haftar si è impantanata alle porte di Tripoli, ad una precipitosa marcia indietro. Il passo falso più umiliante e dannoso, grazie al quale Emmanuel Macron decreta il nostro definitivo isolamento in ambito europeo, è l'incontro di Luigi Di Maio e Alessando Di Battista con Christophe Chalençon, uno dei più discussi capi dei gilet gialli. L'abbraccio con un leader accusato di connivenza con le frange violente del movimento anti-Macron da parte di un vicepremier viene liquidato dall'Europa come la dimostrazione dello scarso senso istituzionale e diplomatico dei 5 Stelle. Con il Venezuela non va meglio. Impegnati in un'impossibile equidistanza tra Nicolas Maduro e Juan Guaido i 5 Stelle si rifiutano persino di riconoscere le colpe e le disfunzioni di un regime che ha trascinato nel baratro il Venezuela. Ma così facendo trascinano nel baratro un'Italia incapace di assumere una posizione internazionale nonostante gli oltre 120mila italiani che rappresentano, assieme a due milioni di oriundi, una delle più vaste comunità straniere. Ma gli errori più grossi li commettiamo con un'amministrazione americana che inizialmente guarda con benevolenza a Giuseppe Conte. Ad innescare la suscettibilità americana ci pensa proprio la Trenta sempre restia a confermare l'impegno assunto nel 2009, ma rivisto nel 2012 dal governo Monti, ad acquistare 90 cacciabombardieri F35.
Ma il passo falso decisivo è la fretta con cui Conte e Di Maio impongono la firma del memorandum commerciale sulla Nuova Via della Seta con la Cina. Un memorandum che il Segretario di Stato Mike Pompeo definisce «opaco» invitando l'Italia a «fare attenzione». Ma Conte e Di Maio non ascoltano. E da allora l'Italia riposa nel limbo degli alleati inaffidabili.
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