Crisi (di nervi) dentro il Pd: è guerra aperta tra correnti

L'audio "rubato" a Richetti (mollo Martina) conferma che il presunto "dibattito" in assemblea è sulle poltrone

Crisi (di nervi) dentro il Pd: è guerra aperta tra correnti

Roma Gli storici di domani dovranno dedicare una parte consistente del loro lavoro al ruolo dei «vocali» rubati nella vita politica (piuttosto nevrotica) dell'Italia di oggi. L'ultimo «furto» riguarda uno sfogo di Matteo Richetti, tra gli esponenti più in vista del Partito democratico. Il primo, a dire il vero, a scendere in pista per la corsa alla poltrona di segretario nazionale. E ora ancora in gara in tandem con Maurizio Martina. Nel «vocale» (messaggio spedito in una chat di Whatsapp a uso e consumo dei membri della sua corrente) Richetti prende le distanze da Maurizio Martina e sostanzialmente lo abbandona al suo destino perché questi non avrebbe garantito alla corrente di Richetti sufficienti rappresentanti nelle liste territoriali (si parla soprattutto di Toscana, Sicilia e in Campania). Liste che rappresentano i candidati a segretario. Perché in verità sarà l'assemblea nazionale (e quindi gli eletti di queste liste) a ratificare la scelta del segretario nazionale.

Richetti insomma smaschera quella che è ancora la pratica principale nel Pd: il bilanciamento delle tessere, il lavoro e il duello interno delle correnti per avere il predominio nelle scelte finali della Segreteria. Lo sfogo è servito paradossalmente a ricompattare l'asse con Martina, che si è affrettato a far sapere a tutti gli organi di stampa che il sodalizio va avanti. Gli scambi di cortesia, però, non si esauriscono nelle parole tutt'altro che benevole rivolte da Richetti al segretario Dem. Anche Roberto Giachetti ieri ha mostrato il suo lato meno diplomatico ricordando alcuni retroscena della sua candidatura a sindaco di Roma. Giachetti parla di D'Alema (ormai fuori dal partito), come di colui che tramava con i Cinque stelle, sicuro che il candidato Pd non avrebbe mai guadagnato la poltrona di sindaco di Roma. Un'accusa questa indirizzata piuttosto a un altro candidato alla Segreteria. Il classico «parlare a nuora perché suocera intenda», con Zingaretti nel ruolo di suocera. Il governatore del Lazio infatti è l'unico che mostra interesse verso un'apertura nei confronti dell'universo pentastellato. Un'ipotesi questa che fa rabbrividire ovviamente quelli che un tempo venivano definiti come i membri del «giglio magico». È notizia di ieri, per esempio, l'endorsement di Maria Elena Boschi proprio nei confronti di Giachetti. Anche qui il punto non è sottolineare, come ha fatto la Boschi, la scelta per un candidato, quanto prendere le distanze da un altro (Zingaretti appunto) proprio per la sua apertura ai grillini. La barra del timone, sembra suggerire la Boschi, deve rimanere dritta. Stessa discorso per la questione «europea». Mentre si stringono i tempi per l'elaborazione delle liste, si fa sempre più labile la possibilità che il cosiddetto «progetto Calenda» veda la luce. Non sono soltanto Martina e lo stesso Giachetti a dichiararsi scettici sull'ipotesi di sciogliere il Pd entro un listone civico in cui far confluire espressioni dell'associazionismo e della politica ambientalista. La bocciatura dell'idea viene anche da quello che doveva essere l'alleato per eccellenza: vale a dire l'unione di +Europa e Verdi, insieme col nuovo soggetto politico (Italia in comune) che sta vedendo la luce grazie al lavoro del sindaco di Parma Federico Pizzarotti.

«Non basta dire come fa Calenda uniamoci contro l'avversario - puntualizza Pizzarotti -, servono progetti comuni». Che non ci sono. «Ho stima per Calenda - aggiunge - ma lui non tiene conto che il Pd non riesce ad avere una posizione che non sia pd-centrica». E la battaglia delle correnti sembra dimostrarlo.

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