Difendiamo cittadini e parlamentari dal "Grande fratello"

Difendiamo cittadini e parlamentari dal "Grande fratello"

Controllare i cittadini e controllare i parlamentari che dei cittadini sono i rappresentanti. Passo dopo passo, riforma dopo riforma, a 70 anni esatti dalla pubblicazione del «Grande Fratello» le fantasie che George Orwell ambientava in Oceania divengono realtà in Italia. È passato oltre un ventennio da quando l'allora ministro delle Finanze Vincenzo Visco confidava che se solo i governi lo volessero sarebbe possibile recuperare ben più dei soliti 10-15 miliardi annui di evasione fiscale. Se non accade è perché non si vuole che accada.

Il mito della «tracciabilità», l'imprescindibilità di un conto corrente, l'imposizione della carta di credito, fino alla follia della ventilata tassazione sui prelievi superiori ai 1500 euro non sono solo modi per stanare gli evasori: sono modi per tenere sotto stretto controllo i cittadini. Per il solo fatto di possedere un telefonino siamo quotidianamente geolocalizzati, spiati, monitorati. E grazie alle carte di credito ogni nostra spesa viene registrata. Con l'abolizione della prescrizione votata da Lega e grillini resteremo sotto processo a vita. Una condizione che neanche Franz Kafka osò immaginare. Con il taglio dei parlamentari si allontaneranno ulteriormente gli eletti dagli elettori e sempre più per fare politica occorreranno risorse inaccessibili all'uomo perbene. Abolito il finanziamento pubblico, in un Paese dove il denaro è considerato «sterco del demonio» e dove la politica è sinonimo di «casta», ai partiti restavano solo i soldi destinati ai gruppi parlamentari: tagliare il numero dei parlamentari significa affamare i partiti. Partiti spesso guidati da leader privi di scrupoli e di coerenza ideale. Può capitare che uno venga eletto con un partito inserito in un'alleanza, così come con un partito contrario a qualsivoglia alleanza, e si trovi di lì a poco al governo con un'alleanza di segno opposto e una politica antitetica rispetto a quella prospettata in campagna elettorale.

Dissentire sarebbe un dovere, ma per Di Maio il mandato parlamentare dev'essere vincolato non alla coscienza dell'eletto né al suo rapporto con gli elettori, ma alla cieca obbedienza ai capricci del Capo. Idee inquietanti, deriva pericolosa. Contro l'orwellismo strisciante occorre una chiamata alle armi (politiche, s'intende) in difesa della libertà dei cittadini e di quella dei politici che li rappresentano.

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