"Le diversità sono ricchezza. Abbracciate i vostri confini"

Attacca il relativismo: "Mai confondere pluralità con pluralismo". E incita: "Non abbiate paura delle sfide"

"Le diversità sono ricchezza. Abbracciate i vostri confini"

Milano - La sua prima volta, una velocissima toccata e fuga, Francesco l'ha raccontata in una recente intervista al giornale dei clochard, Scarp de' tenis: «Nei lontani anni Settanta, avevo qualche ora libera prima di prendere un treno per Torino e ne ho approfittato per una breve visita al Duomo». Adesso, arrivato tra le persone che si sporgevano per toccarlo, è il Papa. Seduto sull'altare, dialoga con sacerdoti, diaconi e consacrati, risponde alle loro domande. Richiama le suore (e in generale i religiosi) a rispettare il voto di povertà, a non attaccarsi ai soldi. Parla delle sfide che attendono la Chiesa. Si sa che di cambiamenti, più o meno osteggiati, Bergoglio ne ha avviati tanti. «Le sfide si devono prendere come il bue, per le corna. Non temere le sfide. Ed è bene che ci siano» dice.

Prima ancora di passare alle parole, bacia la Croce di San Carlo Borromeo e depone una rosa davanti al corpo del santo copatrono di Milano, che con il suo rigore e il suo amore agli ultimi è stato un grande riformatore della Chiesa in tempi di immoralità del clero. Nella cripta, si ferma in adorazione davanti al Santissimo Sacramento: un momento di preghiera lungo, nel ritmo serrato della visita, che sospende il tempo che incalza.

Dice tanto, Francesco. Risponde a madre Paola, orsolina sconfortata dall'età media avanzata delle suore e dalla scarsità delle vocazioni, e torna a parlare della sua Chiesa povera per i poveri e dei rischi che corrono soprattutto gli ordini religiosi di cadere nella «rassegnazione» e da lì di rotolare nel peggio: «Incominciano a essere pesanti le strutture vuote, non sappiamo come fare e pensiamo di vendere le strutture per avere i soldi, i soldi per la vecchiaia... Incominciano a essere pesanti i conti che abbiamo in banca...». È il ritratto di una delle piaghe della Chiesa. «E la povertà, dove va? Ma il Signore è buono, e quando una congregazione religiosa non va per la strada del voto di povertà, di solito le manda un economo o un'economa cattiva che fa crollare tutto! E questa è una grazia!». Lui ride e non è il solo, con lui ridono tutti, dentro e fuori del Duomo.

Risponde a don Gabriele e insiste sulle sfide che «aiutano a evitare» di deragliare: «Ci sono i pericoli delle ideologie, sempre. Le ideologie crescono, germogliano e crescono quando uno crede di avere la fede completa, e diventa ideologia». Parla delle diversità nella storia della Chiesa. «Abbiamo visto e vediamo di tutto: molte ricchezze e molti orrori ed errori». Insiste sugli «eccessi di uniformità o di relativismo: due tendenze che cercano di cancellare l'unità delle differenze». E ancora: «Quante volte abbiamo confuso pluralità con pluralismo?». Perché «unità nelle differenze» è il «compito bello ed esigente che ci ha lasciato nostro Signore». E ancora: «Io credo che la Chiesa... ha molto da insegnarci per una cultura della diversità». Concetto ripreso e ribadito durante l'omelia nella Messa a Monza: «Non abbiate paura di abbracciare i confini, le differenze, ospitare le differenze, integrarle con rispetto e creatività».

Quando dentro tutto finisce, fuori inizia l'incontro con la gente che lo aspettava da ore nella piazza piena e calda. «La nebbia se ne è andata, le cattive lingue dicono che arriverà la pioggia ma ancora non è arrivata» scherza il Papa prima di pregare l'Angelus.

Dopo la preghiera, piazza Duomo diventa San Pietro con Francesco che gira e rigira con la papamobile, saluta e benedice, accompagnato dall'arcivescovo, il cardinale Angelo Scola. La Madonnina è vestita a festa con la bandiera del Vaticano. La gente chiede il bis e poi ancora e ancora, finché il Papa alla fine deve proprio andare. Direzione San Vittore.

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