Il duello Di Maio-Salvini a colpi di annunci bomba

I due vicepremier fanno a gara a chi la spara più grossa su fisco, lavoro e immigrazione

Il duello Di Maio-Salvini a colpi di annunci bomba

Frasi a effetto, proposte su cui hanno costruito le proprie fortune da rendere concrete, necessità di non farsi oscurare dal proprio «competitor».

Matteo Salvini e Luigi Di Maio in questo primo mese di governo non hanno certo lesinato gli annunci roboanti e le promesse ambiziose. Una strategia mediatica aggressiva, in continuità con la campagna elettorale, dettata anche dalla concorrenza tra ex avversari trasformatisi in alleati.

L'elenco degli annunci di governo è lungo e variegato. Se il primo giugno avviene il giuramento del governo Conte, già il 3 giugno, Salvini è all'hotspot di Pozzallo, tappa simbolo degli sbarchi, dove dice «basta alla Sicilia campo profughi dell'Ue», mette in discussione i 6 miliardi versati a Bruxelles e fa notare che la Tunisia «è un Paese libero e democratico che non sta esportando gentiluomini ma spesso e volentieri galeotti». Il 5 giugno il ministro dell'Interno annuncia che «è strafinita la pacchia: ci sono 170mila presunti profughi che stanno in albergo a guardare la tv». Il 10 giugno è il giorno della chiusura dei porti e dello stop imposto alla Aquarius. «Da oggi anche l'Italia inizia a dire no». Una posizione dura che si trasforma nel primo, importante successo politico per il leader della Lega. Il 13 giugno Salvini davanti alla platea di Confesercenti si sposta sul terreno economico: «Fosse per me, non ci sarebbero limiti di spesa al contante». Di Maio puntualizza: «Non è previsto dall'accordo. Bisognerebbe aiutare i commercianti eliminando le commissioni sui pagamenti elettronici».

Il 18 giugno il titolare del Viminale chiede il censimento dei rom, o almeno un monitoraggio. Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico frena: «Le cose incostituzionali non si possono fare» Il 20 giugno si affaccia l'idea di una sanatoria fiscale: «Chiudere le cartelle esattoriali sotto i 100mila euro per liberare milioni di italiani incolpevoli ostaggi e farli tornare a lavorare, sorridere e pagare le tasse», chiede Salvini. Il giorno dopo scatta la polemica con Roberto Saviano. Il leader della Lega replica ai continui attacchi dello scrittore, manda «bacioni» e sulla scorta commenta: «Passa molto tempo all'estero. Valuteremo come si spendono i soldi degli italiani». Saviano risponde: «Sei un buffone. Sei il ministro della malavita». Due giorni fa l'ultimo affondo: quello sui vaccini. «Dieci vaccini obbligatori sono inutili e in parecchi casi dannosi e pericolosi».

La lista delle uscite «acchiappatitoli» di Luigi Di Maio è più breve. Il 17 giugno escono le prime anticipazioni sul «decreto dignità», con il riconoscimento dell'attività dei «riders», i fattorini che pedalano in città per fare le consegne. Il 19 giugno, in risposta al censimento sui rom, il leader pentastellato propone il censimento dei raccomandati Rai. Il 21 giugno Di Maio al termine del Consiglio dei ministri degli Affari sociali a Lussemburgo chiede una accelerazione sul reddito di cittadinanza anche attraverso l'utilizzo dei fondi Ue per i centri per l'impiego. Una proposta che nelle 24 ore successive si arricchisce di una postilla: potrà usufruirne chi lavorerà almeno 8 ore settimanali facendo lavori socialmente utili.

E poi ancora l'attacco alle pensioni d'oro e lo stop ai vitalizi, iniziando dagli ex parlamentari. Promesse, impegni, dichiarazioni di intenti. E all'orizzonte la sfida più difficile: la trasformazione di questa aggressiva narrazione in provvedimenti di legge.

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