Il mancato confronto televisivo con Matteo Renzi ormai è acqua passata. Il segretario del Pd in tv c'è andato da solo e il candidato premier M5s Luigi Di Maio va ripetendo che la sua non è stata una fuga ma l'ovvia conseguenza di quello che è accaduto in Sicilia, dove le urne hanno sancito il crollo del partito democratico. E lui non fa faccia a faccia con i perdenti, ma solo con i candidati premier degli altri schieramenti. Silvio Berlusconi compreso, naturalmente, dopo il successo indiscutibile riscosso dal centrodestra alle regionali sull'isola.
Adesso che il risultato del voto siciliano ha colpito duramente il Pd, dunque, i pentastellati scelgono come competitor il leader di Forza Italia. Di Maio lo dice chiaramente in un'intervista al Corriere della Sera che è pronto a confrontarsi anche con Berlusconi e «con chiunque saprà dirci in veste di candidato premier cosa intende fare per questo Paese, perché il confronto è sul programma». Per il Movimento Cinque Stelle non c'è più un'Italia tripolare ma bipartitica. Ci sono loro, più che mai convinti che il 35 per cento conquistato alle regionali siciliane possa diventare facilmente un 40 per cento alle prossime politiche, e quel centrodestra che Di Maio demonizza parlando del rischio che con l'attuale legge elettorale «trasformi il Parlamento nella casa degli impresentabili». «L'unico modo per impedirlo - garantisce Di Maio - è scegliere il Movimento Cinque stelle, l'unica forza politica che ha il coraggio di correre da sola, con la propria faccia e il proprio programma e di raccogliere voti puliti e liberi». Una possibile strategia, quella dei grillini, per far leva ancora una volta sull'antiberlusconismo e sperare nel «voto utile» degli elettori di un centrosinistra ritenuto ormai fuori dai giochi. Perché la paura di Grillo è quella che il Movimento abbia ormai raggiunto il massimo del suo potenziale e per questo il leader pentastellato ritiene che adesso sia necessario coltivare terreni dove finora non si è raccolto abbastanza. Il banco di prova saranno i prossimi appuntamenti parlamentari, quando arriveranno in aula le leggi care alla sinistra: ius soli e biotestamento, innanzitutto. Sul diritto di cittadinanza agli stranieri i Cinque stelle sono sempre stati ondivaghi, con Grillo che a fine ottobre aveva azzardato un'apertura per poi fare subito dietrofront e Di Maio che annunciava l'intenzione di astenersi in Senato. Come si comporteranno davvero quando sarà il momento di votare, anche sul biotestamento, se si farà in tempo prima della fine della legislatura? Se l'avversario è diventato Berlusconi ci si aspetta una svolta per provare a catturare qualche consenso tra l'elettorato Pd, soprattutto se - come è probabile con la nuova legge elettorale - il centrosinistra si presenterà diviso in 342 collegi uninominali (tra Camera e Senato) con poche possibilità di successo, a meno che Pd e Mpd non trovino un accordo che appare difficile con Renzi saldo al suo posto. Se la sinistra arriverà spaccata alle elezioni potrebbe verificarsi di nuovo quello che è accaduto in Sicilia, dove Fabrizio Micari è stato «tradito» dal voto disgiunto che invece ha premiato Giancarlo Cancellieri. Anche se nel Rosatellum il voto disgiunto non c'è, potrebbe succedere che davanti ad un candidato troppo debole l'elettore di sinistra che non vuole votare a destra decida di scegliere il M5s.
Scenari politici che Di Maio respinge, negando che il Movimento voglia fare «alleanze con i partiti che hanno distrutto l'Italia negli ultimi vent'anni», nonostante questi abbiano iniziato a tirarli per la giacchetta dopo il risultato alle regionali siciliane.
«Non siamo né di destra né di sinistra - dice l'esponente pentastellato - non andiamo in giro a cercare voti di destra o voti di sinistra, non facciamo prove d'intesa con nessun partito, partitino o sigla. Noi siamo per la partecipazione del cittadino alla cosa pubblica. Convergenze, alleanze, ticket, coalizioni sono termini da paleolitico, ma soprattutto non ci interessano, noi siamo il futuro».
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