Scoppia la pace nel centrodestra siciliano. O almeno ci si prova. Dopo le divisioni, le liti e la guerra tra i satelliti originati dalla diaspora degli scorsi anni, in vista delle regionali del prossimo autunno Forza Italia sta provando a riaggregare la galassia dei moderati, puntando a riavvicinare gli amici persi di vista ma anche quanti, nel frattempo, si sono spostati verso il Pd, appoggiando le giunte di centrosinistra sull'Isola.
Gran cerimoniere dell'operazione è il responsabile azzurro per la Sicilia, Gianfranco Micciché. A lui spetta il compito di riunire quel consenso che vale almeno 6-700mila voti, un terzo circa dei 2,2 milioni si siciliani che nel 2012 si sono presentati alle urne per le scorse elezioni regionali, quando comunque l'affluenza fu appena del 47,41 per cento. Una fetta di votanti che assicurerebbe al centrodestra la vittoria alle elezioni. La Sicilia, inoltre, potrebbe essere un laboratorio privilegiato per le prove di unità della coalizione, visto che sull'isola dovrebbe giocare anche Angelino Alfano, sulla cui presenza all'interno di un centrodestra aggregato a livello nazionale ci sono ancora veti e attriti difficili da superare. Il problema è cementare quanto oggi è estremamente frammentato. In prima linea, come detto, c'è Ap e il suo leader-ministro degli Esteri, che in Sicilia si sente decisamente a casa e qui sa di poter contare su un consenso concreto. C'è poi l'Mpa di Raffaele Lombardo, che nel 2012 sfiorò il 10 per cento dei consensi e che ancora intende dire la sua. Poi ci sono l'Udc e i Centristi per la Sicilia. Il primo, in mano a Lorenzo Cesa e a livello locale a Girolamo Turano, capogruppo in consiglio regionale. Turano è rientrato a casa-Cesa solo a marzo scorso, dopo qualche mese nel quale aveva seguito Giampiero D'Alia e Casini nei «Centristi». La galassia prosegue con Sicilia Futura, battezzata lo scorso autunno dall'ex ministro delle Comunicazioni Salvatore Cardinale e ancora orbitante verso il centrosinistra. Stessa posizione per il Centro democratico di Tabacci, rappresentato in Sicilia da Francesco Attaguile, un passato remoto da sindaco di Catania a metà anni '80. E infine c'è Sicilia democratica, che fa riferimento a Nuccio Cusumano: il partito con radici profondamente centriste sembra però guardare con più interesse al Pd che ai moderati di centrodestra. Il problema, al di là di tutto, è mettere da parte gli insulti passati. Perché le prove di unità passano per la necessità di scordare il «c'eravamo tanto odiati», che dei nomi ora intorno a un tavolo ne ha risparmiati pochi. C'è Micciché che sparava a zero su Giuseppe Castiglione, e non risparmiava veleni per il coordinatore del partito di Alfano Francesco Cascio. O lo stesso Alfano che alle ultime regionali partì lancia in resta all'attacco dell'«autonomista» Lombardo. Finito nel mirino anche di Saverio Romano, che in passato lo aveva ribattezzato «bluff».
Ma in fondo i primi nemici-amici sono proprio Micciché e Alfano, che non si sono mai risparmiati frecciate e veleni negli ultimi anni, e la loro rottura è stata anche la rottura del centrodestra siciliano. Se tornano a parlare quei due, tutto è possibile.
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