Salvini adesso sfida Di Maio: voto anticipato già a maggio

Sconfitto sul condono, il leghista sfida Di Maio nella "sua" Campania. E torna l'ipotesi election day con le Europee

Salvini adesso sfida Di Maio: voto anticipato già a maggio

Diventa sempre più trasparente la dinamica del conflitto che pervade la strana alleanza in gialloverde. Non siamo ancora al cupio dissolvi, ma la rivalità e le tensioni innescate rischiano di andare fuori controllo. E rendere così concreta l'eventualità di una deflagrazione che i due vicepremier non si sono mai negati del tutto, nei loro conciliaboli riservati, come ultima ratio e immaginandone la reciproca convenienza: arrivare al redde rationem già a maggio, ma non solo attraverso le Europee, bensì accorpandoci pure le Politiche.

L'accelerazione di queste ore è sicuramente involontaria, resa forse ineludibile dall'accerchiamento europeo sulla manovra e dalla fine della crescita di Salvini nei sondaggi. Ma anche, a ben guardare, dall'insufficienza di un contratto di governo che man mano che il tempo passa non riesce più a comprendere e risolvere le ragioni politiche dei contraenti in rapporto a ciò che accade, per sua natura imprevedibile. Lo si capirà perciò nel prosieguo, passo dopo passo, se l'asse inclinato finirà per far scivolare tutti verso un epilogo primaverile. Per ora, non rimane che lo stralunato resoconto di un risiko forsennato, dove la risposta di Salvini allo smacco ricevuto sul condono fiscale si è tradotto in un attacco alla santabarbara del consenso grillino: la Campania dei due capi politici 5s, proprio sul suo tema più delicato, la gestione dei rifiuti e i termovalorizzatori. La sorpresa di Di Maio è emersa con evidenza nel suo dirsi «dispiaciuto che Salvini crei tensioni sul governo», ma soprattutto per lo sconfinamento deciso dal (finora leale) capo leghista. «Salvini preoccupato per la Campania? Lì ci vive la mia famiglia, respiro io l'aria di Pomigliano!». Acerra, con il suo inceneritore, è a un tiro di schioppo da casa Di Maio. Indice di «massima allerta» è poi l'intervento del presidente della Camera, il «posillipino» Roberto Fico, che ha parlato di «schiaffo forte a Napoli e alla Campania». Segno che due dei risultati voluti da Salvini sono stati conseguiti: distogliere l'attenzione dalla serie di smacchi ricevuti dalla Lega; lanciare un «codice rosso» agli alleati che, calcando la mano sul tema giustizia, hanno messo in grave difficoltà il Carroccio soprattutto in una base che non ha mai dimenticato «Mani pulite». Dopo le scaramucce d'inizio governo, sui porti, i rom e i migranti, con le quali Salvini ha preso un largo vantaggio nella partita con Di Maio, la partita è salita di tono quando il leader leghista ha portato guerra nel campo avverso con il «dl Sicurezza» maldigerita dal gruppo M5s. Prese a fatica le misure, i grillini hanno però rintuzzato con il decreto «anticorruzione»: sia con la prescrizione, sia bloccando l'emendamento della Lega per derubricare in «abuso d'ufficio» il tipo di peculato che costituisce capo d'imputazione per i leghisti Cota, Rixi e Molteni (norma giudicata «ad personas» da M5s e Pd).

Se poi si aggiungono il mini-condono per Ischia, il reddito di cittadinanza con lo slittamento della flat tax e le divergenti vedute su questioni dirimenti come la famiglia («padre-madre» in carta d'identità, vecchia battaglia di Salvini, l'ultimo caso) si capisce come il «fastidio» del leader leghista da ieri si sia tramutato in ira funesta. Che «infiniti lutti addusse», scrisse il sacro Vate. A troiani o achei, è presto per dirlo.

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