Con tutta la comprensione possibile verso quelli che sono dei rituali di cui la politica non può fare a meno, la trattativa in corso nel centrodestra per definire le candidature alle prossime elezioni regionali rischia di superare il limite del comprensibile. Non solo perché esiste una carta - sottoscritta ad ottobre da Matteo Salvini per la Lega, Giorgia Meloni per Fratelli d'Italia e Antonio Tajani per Forza Italia - dove sono già indicati i partiti di riferimento dei candidati che dovranno correre nelle diverse Regioni che andranno alle urne (un accordo che il leader del Carroccio vuole ora ridiscutere). Ma soprattutto perché lo stallo inizia a compromettere le chances anche di chi, stando ai sondaggi, potrebbe davvero giocare per vincere. Campagne elettorale che potevano essere iniziate da settimane, così come la formazione delle liste, sono infatti bloccate dal braccio di ferro in corso a Roma. Che anche ieri, non ha visto arrivare una soluzione.
Salvini, Meloni e Tajani si sono visti per poco più di mezz'ora a Roma, nel Palazzo dei Beni spagnoli. Un incontro fugace, aggiornato a causa di «impegni precedentemente presi da tutti i partecipanti». Probabilmente a questa mattina, anche se Fdi avrebbe voluto riprendere già ieri sera, convinta che non ci sia più tempo da perdere. «Se continuiamo a tergiversare - il senso dei ragionamenti della Meloni - rischiamo seriamente di compromettere questa tornata elettorale». In molte Regioni, infatti, la paralisi del centrodestra inizia a farsi sentire. In Puglia, per esempio, il governatore uscente Michele Emiliano macina appuntamenti elettorali mentre la Lega continua a insistere per ridiscutere l'intesa sulla candidatura di Raffele Fitto. Così come in Campania l'azzurro Stefano Caldoro - che in base all'accordo di ottobre dovrebbe correre per il centrodestra - inizia a perdere pezzi all'interno del suo partito, indebolito dal pressing del Carroccio che vorrebbe preferirgli un altro nome. E pure nelle Marche, temono in Fdi, Francesco Acquaroli - che i sondaggi danno addirittura in vantaggio - potrebbe risentire del braccio di ferro in corso a Roma. Ecco perché la Meloni avrebbe voluto già chiudere ieri sera e non ha granché gradito l'ennesimo rinvio.
Il punto è che Salvini rischia di essersi infilato in un tunnel la cui unica via d'uscita dignitosa è rimettere in discussioni alcuni dei candidati. Fdi, però, non pare assolutamente disponibile a mollare Puglia e Marche (che pur non essendo popolose, hanno l'appeal di essere una Regione «rossa» oggi contendibile). E considera Fitto e Acquaroli i migliori candidati. Così come Forza Italia non può permettersi di rinunciare alla Campania, dove - nonostante la partita contro Vincenzo De Luca sia certamente più in salita - Caldoro è dato dai sondaggi come il candidato che raccoglie più consensi. Di qui la scelta di allargare il tavolo anche ai Comuni al voto in autunno, che però - a dire il vero - sono poca cosa (Reggio Calabria è il centro più grande delle città che andranno alle urne). Ecco perché qualcuno ipotizza che Salvini voglia mettere sul tavolo anche la corsa per la città di Roma (al voto nel 2021), provando a portare a casa un'intesa su una figura civica.
Sottotraccia, però, c'è anche il timore del leader della Lega di andare incontro a un «settembre nero», con una tornata elettorale che potrebbe per certi versi ridimensionarlo. All'interno del centrodestra, in primo luogo. Perché, anche dovessero perdere, è chiaro che Fitto e Acquaroli trainerebbero voti per Fdi. Se poi vincessero, per la Meloni sarebbe un trionfo, con la soddisfazione di portare a casa quella Regione rossa che Salvini non è riuscito ad ottenere nonostante abbia voluto imporre - sempre nel famoso accordo di ottobre - il nome di Lucia Borgonzoni in Emilia Romagna. Ma anche in Lega potrebbero esserci dei contraccolpi, soprattutto se in Veneto Luca Zaia dovesse arrivare - così dicono i sondaggi - a cifre bulgare.
Potrebbe essere un trampolino per un ruolo nazionale, con buona pace di Salvini. E chissà che ieri non gli siano fischiate le orecchie quando l'allenatore del «suo» Milan delle meraviglie, Fabio Capello, ha detto che «come capitano del centrodestra» sceglierebbe proprio Zaia.
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