In memoria di Giovanni Falcone, davanti alla scuola a lui intitolata al quartiere Zen di Palermo, c'era una statua. Gli hanno staccato la testa e una parte di busto, che hanno usato come ariete contro l'istituto scolastico per sfondare l'ingresso. Come a colpire i due simboli della lotta alla mafia: la memoria del giudice che perse la vita con la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, e la scuola, dove i giovani vengono formati al rispetto delle regole, contro ogni forma di cultura mafiosa. L'istituto scolastico in questione è impegnato da anni a diffondere la cultura della legalità tra i propri studenti dello Zen, tra i quartieri più degradati del capoluogo siciliano.
La miglior risposta all'oltraggio la fornisce lo stesso magistrato antimafia, spulciando tra i suoi discorsi rimasti famosi: «A questa città vorrei dire: gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini». L'oltraggio alla memoria del magistrato antimafia ha scatenato reazioni da più parti. La condanna è, ovviamente, unanime. «Oltraggiare la memoria di Falcone è una misera esibizione di vigliaccheria» scrive il premier Paolo Gentiloni su Twitter. Rosy Bindi, presidente della Commissione Antimafia, parla di gesto di matrice mafiosa. «A 25 anni dalla strage di Capaci questo scempio ci ricorda che a Palermo la mafia c'è e si sente ancora forte. A questa esibizione di mafiosità occorre reagire e non permettere che l'indifferenza calpesti la memoria del sacrificio del giudice Falcone. La città faccia sentire la sua ribellione e la sua vicinanza ai martiri della lotta alla mafia». E intanto ieri sera un altro atto di vandalismo. Ignoti hanno bruciato un cartellone con una immagine di Falcone posizionato davanti i cancelli della scuola «Alcide De Gasperi». In attesa delle reazioni dei palermitani, che si apprestano a ricordare un altro grande magistrato che ha combattuto la mafia, Paolo Borsellino, ucciso il 19 luglio 1992 con gli agenti della scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, e in attesa degli esiti dell'inchiesta che è stata aperta, la dirigente scolastica, Daniela Lo Verde, si dice amareggiata. «Appena sono arrivata, lo sconforto e il dolore sono stati grandi. Perché è stato colpito il simbolo, l'ideale in cui si incarnano tutti i valori che portiamo avanti e impartiamo a questi ragazzi». Per lei non si tratta di «una ragazzata». E in passato di atti vandalici la scuola ne ha subiti. Dal 2010 a oggi se ne contano una quarantina, tra furti, danneggiamenti, roghi. Ma questo vile gesto sembra avere tutt'altro significato.
Come per fortuna accade in questi casi, c'è il riscatto di un intero popolo, che unito dice «no» alla mafia. Maria Falcone, sorella del giudice, fa sapere che «la statua risorgerà più bella di prima» e, su richiesta del sindaco, presto saranno al lavoro le maestranze, ma chiede anche che la statua venga tutelata. «Di notte, contro la statua di Giovanni, in una scuola. È difficile immaginare qualcosa di più vile e squallido commenta il presidente del Senato, Pietro Grasso -.
Se è un avvertimento mafioso sarebbe una prova di debolezza. Se invece si trattasse del gesto di una banda di vandali sarebbe l'ulteriore conferma che dobbiamo ripartire dalla scuola». Per il ministro Alfano si tratta di «un attacco ignobile».
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