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La finta pax giallorossa Lo sciopero di Roma riaccende le tensioni

Raggi dura: «Città ostaggio dei sindacalisti» I dem: «No, è bloccata dal tuo malgoverno»

La finta pax giallorossa Lo sciopero di Roma riaccende le tensioni

C'è la foto di Narni e ci sono gli stracci del Campidoglio. Ci sono le prove di alleanza elettorale tra Pd e M5s in Umbria e c'è la ruggine romana. Perché sulle rive del Tevere, con l'eccezione di palazzo Chigi, dem e pentastellati sono più che mai su trincee opposte. Ieri, per esempio, lo sciopero generale delle partecipate dal Comune ha mostrato quanto le due componenti che governano insieme il Paese siano invece distanti quando si parla dell'amministrazione della capitale. Con la sindaca Virginia Raggi - supportata dal leader Luigi Di Maio - che si lancia all'attacco dei sindacati, ritrovandosi però sotto il tiro delle opposizioni, e al centro degli strali dello stesso Pd.

Già nei giorni scorsi la prima cittadina aveva chiesto su Facebook la revoca dell'agitazione «per il bene della città e dei cittadini», perché secondo la Raggi «l'obiettivo di bloccare la città - rivendicato in questi giorni da alcuni sindacalisti - non ha alcuna giustificazione oggettiva». Ma lo sciopero si è fatto, paralizzando per ore la città, dai trasporti a singhiozzo ai musei chiusi, fino alla raccolta rifiuti ridotta al minimo con i lavoratori dell'Ama che, salvo pochi precettati, hanno incrociato le braccia. Così ieri mattina la sindaca ha concesso il bis, stavolta con un tweet, attaccando ancora i sindacati. «Una minoranza di sindacalisti - ha scritto Raggi - prova a tenere in ostaggio una città di 3 milioni di abitanti: di lavoratori, di madri e padri che ogni giorno accompagnano i propri figli a scuola, di studenti e pendolari. La maggioranza dei cittadini è stanca di scioperi ingiustificati». E, a Un giorno da pecora, anche Di Maio ha provato a darle una mano, definendo «indecente» la scelta di scioperare di venerdì per «fare il week end lungo».

Ma l'autodifesa mediatico-social non ha pagato. Il tweet della Raggi è stato letto sul palco allestito in piazza del Campidoglio ed è stato accolto da bordate di fischi e «buu» dei manifestanti, che hanno chiesto le dimissioni del sindaco. Ma soprattutto, le parole della prima cittadina hanno innescato la reazione sdegnata del Pd. Gli esponenti dem in consiglio comunale hanno ricordato la «palese bocciatura dei romani» nei confronti della sua «fallimentare amministrazione», parlando di una «città allo sbando che affonda nel degrado» e sottolineando l'eclatante insofferenza dei cittadini verso la giunta. Quanto alle accuse contro i sindacati, è il segretario laziale del Pd Bruno Astorre a replicare duramente a quelle «parole vergognose, arroganti, indegne di un sindaco». «Lo sciopero è un diritto assoluto», conclude Astorre, «oggi Roma è bloccata dal malgoverno della Raggi, non da lavoratori esasperati».

Insomma, l'approccio soft del segretario dem Zingaretti, che dieci giorni fa aveva «ritirato» l'invito a dimettersi alla sindaca, sembra già dimenticato, o almeno superato dagli eventi.

E il caso Roma, con lo scontro frontale tra lo sventurato governo cittadino targato Cinque stelle e il Pd che resta solidamente all'opposizione, corrode la strana alleanza arrivata a Palazzo Chigi.

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