Fisco, rispunta a sorpresa la rottamazione delle cartelle

Manovra 2018 senza tagli. Allo studio la riapertura dei termini della sanatoria per 400mila contribuenti

Non basta il Pil che cresce più delle attese e quindi concede un po' di respiro ai conti pubblici. Il conto della manovra d'autunno è salatissimo (al momento 22 miliardi), di tagli alla spesa non se ne parla e di conseguenza servono nuove entrate. Quindi tasse o misure anti evasione. Ma non mancherà un condono. Nella legge di Bilancio potrebbe trovare posto una nuova edizione della rottamazione delle cartelle esattoriali. Quella che si è conclusa in luglio ha avuto risultati superiori alle aspettative. Una parte delle risorse necessarie alla manovra arriveranno dalla prima edizione, circa 1,2 miliardi. Ma ne servono altri 5 e quindi il ministero dell'Economia sta pensando di riaprire i termini cercando di fare rientrare i circa 400mila contribuenti rimasti esclusi dalla prima edizione.

Ipotesi che deve ancora passare al vaglio politico. Ma è più che probabile che passi, spiegava ieri una fonte del ministero. La rottamazione non è una materia sensibile. Nessuno si oppone. Contro la spending review, invece, ci sono resistenze notevoli. Dei tagli dei ministeri messi a bilancio per quest'anno e fino al 2020 non c'è traccia nelle bozze della manovra. Il decreto che ripartisce i risparmi tra i dicasteri è arrivato, in ritardo, in luglio. Il miliardo in programma per il 2017 è tutto da verificare e poi la legge di bilancio dovrebbe prevedere tagli anche per i prossimi tre anni. Ma non è aria con le elezioni alle porte, visto che i risparmi potrebbero colpire la sanità.

Il governo Gentiloni non ha intenzione di creare frizioni che possono mettere a rischio la sessione di bilancio. La prima sfida è quella della nota di aggiornamento al Def che deve essere votata entro il 27 settembre, ma che con ogni probabilità approderà al Parlamento una settimana prima. Al Senato la maggioranza è risicata e c'è la possibilità che il documento sia bocciato. Se succedesse il governo dovrebbe trovare altri 5/6 miliardi di euro. Nella nota c'è infatti la correzione del deficit allo 0,3%, che sostituisce quella dello 0,6%. Uno sconto già autorizzato dalla Commissione europea, ma che, paradossalmente, rischia di essere bocciato dal Parlamento italiano. Tecnicalità a parte, il fatto che il governo sia preoccupato per un passaggio che nella norma risolve in una formalità, dà il senso di quanto siano tesi i rapporti con la maggioranza.

I partiti che sostengono l'esecutivo spingono per includere nella legge di Bilancio un capitolo pensioni, che il governo esclude se non per lo sconto mini (due anni in meno rispetto ai 30 di contributi richiesti) riservato alle madri che vogliono aderire all'Ape sociale. Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan e il premier Paolo Gentiloni sono d'accordo nel concentrare le pochissime risorse a disposizione per la decontribuzione.

Al momento è data per certa solo la versione molto light che metterebbe il governo al riparo da un richiamo della Commissione europea, cioè uno sconto del 50% sui contributi pagati per i neo assunti sotto i 29 anni. Difficile fare salire questa soglia di età, come vorrebbe il governo. Anche per tenere conto delle particolari caratteristiche del mercato del lavoro italiano (i giovani iniziano più tardi a lavorare).

Quindi Palazzo Chigi sta lavorando a una misura studiata per i più anziani, in particolare per cercare di non fare licenziare quelli che sono stati assunti con la precedente versione della decontribuzione, quella de governo Renzi.

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