Roma Lo ricordano tutti Matteo Renzi darsi da fare in ogni modo a Rio per la candidatura olimpica di Roma. Ci aveva messo la faccia, il premier, con il Cio e con il mondo e fino all'ultimo ha sperato che Virginia Raggi s'imponesse con il M5s. Ora che la sindaca ha detto no è anche una sua sconfitta.
Il premier assicura che il capitolo è chiuso e il governo non forzerà la mano. Ma ecco la sua stoccata: «Quello che è impressionante è l'idea che non si facciano le cose perché c'è il rischio che si rubi. I grillini avevano 8 anni per dimostrare che si possono fare le grandi opere evitando furti. Comunque, rispetto. In bocca al lupo e avanti».
Per Renzi, il segnale lanciato dal Campidoglio è di resa di fronte al rischio corruzione e ruberie ai Giochi 2024. «La mangiatoia è finita. Daje Virgì», fa il tifo su Fb Luigi Di Maio. La verità è che si sopprime l'evento perché l'amministrazione si dichiara incapace di controllare il grande affare degli appalti, che si sarebbe messo in moto, malgrado il codice nuovo di zecca battezzato da Palazzo Chigi. Un colpo all'immagine non solo di Roma ma dell'Italia.
Per tutta la giornata Renzi si è imposto: calma e gesso. Lo sfogo c'è stato probabilmente nella telefonata a caldo di mercoledì con Giovanni Malagò, ma la conferenza stampa congiunta con il presidente del Coni, in programma ieri, non c'è stata. A Palazzo Chigi Malagò ufficialmente ha incontrato solo il sottosegretario Luca Lotti e certo hanno parlato della faccenda. In serata, però, il premier sceglie la trasmissione della 7 Otto e Mezzo per levarsi qualche sassolino dalla scarpa.
«Io faccio il tifo per l'Italia - dice -, perché giusto o sbagliato è il mio Paese. Penso che questa fosse una grandissima opportunità per la città di Roma. Si può pensare quello che si crede dei costi delle Olimpiadi, ma una buona amministrazione fa i conti e fa le cose per bene. Così è come ammettere non siamo in grado di cambiare le cose. Se avessero voluto, potevano dire che avrebbero fatto le cose diversamente. Fatto sta che hanno festeggiato Parigi e Los Angeles». A questo punto Renzi non pensa certo di intervenire sul Campidoglio o magari candidare altre città che premono, come Napoli. Aspetta il voto dell'assemblea che formalizzi la rinuncia perché, ironizza, «se il sindaco dice di no immagina di avere la maggioranza con lei». Aggiunge che, rispetto all'impegno preso dalla giunta Marino: «Dovranno giustificare la loro marcia indietro, ma noi non intendiamo fare Olimpiadi contro l'amministrazione che deve ospitarle». Poi ricorda che la Raggi «aveva detto che si doveva fare un referendum, ma il no lo aveva annunciato». Ecco perché questo no, «non sorprende, ma un po' amareggia».
L'irritazione è alle stelle, ma viene tenuta a freno. La Raggi, intanto, non fa una piega all'incontro con Malagò, dopo il clamoroso incidente in Campidoglio. Al Coni, per la presentazione del logo di Euro 2020, spiega di sentirsi «onorata e contenta di poter dire che Roma ospiterà quattro partite degli Europei». Contraddizione? Macché, il vice sindaco Daniele Frongia precisa che «sono due eventi profondamente diversi, sotto l'aspetto urbanistico e economico e finanziario, perché in questo caso la struttura, ovvero lo stadio Olimpico, c'è già».
L'assessore all'Urbanistica Paolo Berdini,
contrario al no della sindaca, chiede a Renzi di sottoscrivere un Patto con la capitale, come quello con Sala per Milano per 1,5 miliardi di euro. «In rapporto con la popolazione - dice -, Roma ha un credito di 4,5 miliardi».
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