Il giudice boccia la nuova corsa indipendentista della Catalogna

Manila Alfano

L'argine imposto per legge, dai giudici che dicono no. La procura spagnola ha ordinato alla polizia catalana, i Mossos d'Esquadra, di sequestrare le urne e qualsiasi materiale destinato alla tenuta del referendum di autodeterminazione del 1 ottobre. Vecchia storia, antichi sensi di rivalsa, voglia di indipendenza. Da una parte la Spagna, Madrid capitano, dall'altra la ricca e ribelle Barcellona che si sente stretta, che invoca più spazio, più margini di manovra. Il popolo è unito, scende in piazza a sventolare bandiera catalana. Orgoglio e rivendicazioni. Adesivi dell'asino appiccicati sui vetri della auto a beffeggiare quel toro, simbolo fiero e orgoglioso della Spagna. È diventata una guerra a colpi di sentenze e chiamate alle urne. Il contro alla rovescia era partito. Il primo ottobre i ribelli sarebbero andati a votare, compatti come un solo uomo. Invece niente da fare. La giustizia ha stoppato la corsa e si allontana sempre di più la possibilità per loro di votare per un futuro lontano dalla Spagna. Dopo aver bocciato la convocazione del referendum e con esso la legge che rendeva possibile il voto, la Corte costituzionale spagnola ha sospeso anche la legge di «scissione» dalla Spagna adottata la settimana scorsa dal parlamento di Barcellona, quella che entrerebbe in vigore se al referendum dovesse vincere il sì. Questa legge dovrebbe entrare il 2 ottobre nel caso in cui il fronte indipendentista vincesse la consultazione, fino alla creazione del nuovo stato indipendente dal governo di Madrid. Ma da parte della Corte costituzionale è arrivato un altro no, il quarto relativo alle normative separatiste che il presidente della Catalogna Carles Puigdemont e i suoi ministri stanno studiando in questi giorni che anticipano il referendum. A carico loro e della presidente del consiglio catalano, Carme Forcadell, la procura spagnola ha formulato una denuncia per disobbedienza, abuso di potere e presunta malversazione di denaro pubblico.

È intervenuto anche Rafa Nadal a tifare per l'unità. «Mi sento molto vicino ai catalani, ma mi sento ugualmente molto spagnolo. Non immagino una Spagna senza la Catalogna. Non mi piacerebbe vedere una situazione di questo tipo. Penso che tutti insieme dovremo capirci». Il tennista icona, che ha appena sollevato il trofeo degli Us Open, tornato numero uno del mondo traccia la linea.

Lui, nato a Maiorca, sensibile all'influenza catalana, grande tifoso del Real Madrid, la squadra del Re, ha parlato chiaro e per tutti. «La Spagna è migliore con la Catalogna, e la Catalogna è migliore con la Spagna». Ora bisogna convincere tutti.

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