Il convegno è dedicato al poeta, ma il sottosegretario commemora il giurista. Se il prendere fischi per fiaschi e l'arrampicarsi sugli specchi fossero specialità olimpiche, Francesca Barracciu sarebbe tornata a Roma dalla sua Sardegna carica di medaglie, senza nulla da invidiare a Fleur Pellerin, ministro francese della Cultura che, a fine ottobre, ammettendo di non sapere chi diavolo fosse il suo connazionale Patrick Modiano, fresco Nobel per la letteratura, si scusò confessando candidamente «di non aver letto un libro negli ultimi due anni».
In Italia la vice di Dario Franceschini ha fatto di più. E meglio. O peggio, a seconda dei punti di vista. Invitata a Nuoro ad un evento sulla figura di Sebastiano Satta, il vate della Barbagia, il sottosegretario lo ha confuso con Salvatore Satta, altra figura di spicco del panorama culturale nuorese ma, a differenza del parzialmente omonimo poeta, fine giurista. Poco dopo aver presa la parola, al levarsi dei primi brusii dalla platea evidentemente ferrata in materia, la Barracciu si sarebbe prontamente giustificata (riferiscono le cronache locali) riconducendo la svista ad un equivoco: «Confondo sempre i loro nomi di battesimo». Salvo procedere oltre caparbiamente, fino ad incappare nella topica risolutrice di ogni residuo dubbio, attribuendo a Sebastiano Satta il romanzo Il giorno del giudizio , frutto della penna di Salvatore Satta.
In sala stupore, sui giornali del giorno dopo clamore e polemiche. «Il sottosegretario non c'entra: è stato esposto alla pubblica derisione a causa di errori miei», s'è affrettato a spiegare il suo addetto stampa, Vassili Casula, precisando: «Considerata l'impossibilità per il sottosegretario di provvedere da sé all'intervento, in quanto in missione istituzionale all'estero, sono stato io ad elaborarlo». E lei, di rimando: «È stata una leggerezza del mio staff». Parole che sono bastate a mandare in archivio il caso, come se fosse normale, per un sottosegretario alla Cultura, farsi preparare gli interventi da altri.
Nel 2011, per il portavoce dell'allora ministro Gelmini che in un comunicato magnificava «il tunnel tra il Cern e i laboratori del Gran Sasso, costruito grazie ai 45 milioni investiti dal
governo», il Pd pretese l'intervento della commissione Cultura della Camera. Di fronte agli inciampi del sottosegretario Barracciu non si muove foglia. Silenzi da egemonia culturale 2.0.
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