Napoli Prima che il gorgo dell'inchiesta manomessa su Consip lo inghiottisse, Henry John Woodcock aveva raccolto un'ultima ovazione salendo sul palco insieme a Roberto Saviano in occasione della presentazione del libro «La paranza dei bambini». All'epoca, l'indagine che doveva definitivamente consacrarlo come il magistrato più famoso, e importante, d'Italia era già in fase avanzata, e nessuno poteva certo immaginare che gli avrebbe procurato un atto di incolpazione al Csm e ben due procedimenti penali a Roma per violazione del segreto e per falso in concorso col maggiore del Noe, Gianpaolo Scafarto.
Passato da qualche anno alla Dda di Napoli, il pm con la passione per gli occhiali Ray Ban a goccia e le Harley Davidson si era imbattuto come un fortunato rabdomante nel filone su Alfredo Romeo e Tiziano Renzi scavando su tutt'altra questione: quella sui presunti appalti infiltrati dalla camorra per le pulizie nell'ospedale Cardarelli. Rimbalzando da intercettazione a intercettazione, il buon HJW era risalito all'immobiliarista partenopeo e gli aveva contestato concorso esterno; potendo, così, attingere allo sterminato arsenale investigativo che la normativa antimafia porta in dote: cimici, captazioni elettroniche e informatiche, pedinamenti, virus-spia. Roba da Fbi americana. Eccessiva, però, secondo Cassazione e Riesame che, infatti, hanno scarcerato Romeo e stigmatizzato i metodi investigativi a strascico del magistrato anglo napoletano.
Gli stessi a cui ha abituato opinione pubblica, indagati e avvocati fin dai tempi di Potenza dove ha inanellato una serie non memorabile di processi ad alto contenuto mediatico: «Vipgate» (2003), «Iene2» (2004), «Somaliagate» (2005), «Savoiagate» (2006) giusto per citare quelli entrati nell'immaginario comune. Tra una lettura di Erri De Luca e una di Andrea Camilleri, Woodcock si è raccontato alla stampa nazionale con rara bravura. Non esistono interviste sui suoi processi, ma le cronache degli ultimi 15 anni traboccano di aneddoti e curiosità sui suoi gusti culinari (ama il caciocavallo e la pasta e ceci) e sulle aspirazioni di vita (prima di vincere il concorso in magistratura, sognava di fare lo stilista). Ogni inchiesta, un fuoco d'artificio. E poco importa se sono andati vuoto i fascicoli sulla massoneria, su Elisabetta Gregoraci, su Alfonso Pecoraro Scanio, su Franco Marini, su Nicola Latorre, su Maurizio Gasparri, su Francesco Storace, su Tony Renis, su Anna La Rosa, su Vito Bardi e su decine e decine di altri imputati per lo più uomini dello spettacolo, imprenditori, politici che saranno riconosciuti innocenti spesso solo dopo le manette. A Napoli, ha provato a dimostrare l'esistenza della fantomatica loggia segreta «P4», a suo dire in grado di ricattare lo Stato, ma il gip gli ha smontato la ricostruzione pezzo pezzo lasciandogli solo due imputati: il deputato Alfonso Papa e Luigi Bisignani, e una manciata di reati minori.
Arriveranno poi le indagini su Fincantieri (archiviate), Finmeccanica (ridimensionate), Valter Lavitola e Silvio Berlusconi (prescritte) e tante altre. Una volta disse: «Noi che viviamo in tribunale siamo uomini fortunati perché senza pagare il biglietto abbiamo un posto in prima fila».
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