Il grazie di Johnson guarito ai suoi infermieri (stranieri)

Oltre 10mila vittime, polemiche dei medici

Il grazie di Johnson guarito ai suoi infermieri (stranieri)

«Il servizio sanitario mi ha salvato la vita». È un ringraziamento a tutto tondo quello rivolto ieri dal primo ministro inglese Boris Johnson, appena dimesso dall'ospedale di Londra dove per alcuni giorni ha lottato tra la vita e la morte e dove ieri è risultato negativo al test. Dalla residenza di Chequers, dove trascorrerà la sua convalescenza, un premier pallido e provato ha voluto ringraziare tutti gli operatori sanitari che l'hanno curato e ed assistito in una settimana drammatica. Ha poi dedicato una menzione particolare a due infermieri che non l'hanno lasciato un attimo quando le sue condizioni sono peggiorate. Si tratta di Jenny McGee e di Luis Pitarma, la prima neozelandese e l'altro portoghese. McGee ha definito «surreale» l'assistenza fornita a Johnson, «un'esperienza che non si dimentica per tutta la vita». Ha però sottolineato di averlo trattato come ogni altro paziente. Pitarma si è trasferito a Londra sei anni fa. Per fortuna di BoJo non aveva deciso di ritornare in patria dopo l'approvazione della Brexit.

Ieri gli ultimi numeri sui contagi e i decessi nel Regno Unito hanno evidenziato che il Paese sta passando il picco anche se i numeri delle morti hanno superato quota 10mila e ieri sono stati contati 737 nuovi decessi. I segni moderatamente positivi di una curva di contagio piatta, sottolineati dal ministro degli Esteri Raab, non hanno tuttavia alleggerito la pressione su un governo accusato di non riuscire a fornire protezioni sufficienti agli operatori sanitari. Già domenica, infatti, il ministro degli Interni Patel aveva dovuto scusarsi con i lavoratori del servizio sanitario nazionale dopo che l'Associazione britannica dei medici aveva rivelato che 19 medici erano già morti di Covid19. E ieri altre inquietanti notizie erano apparse sul Guardian e il Mail a proposito di indumenti protettivi e kit mai arrivati a destinazione. Ma quello che ora inizia a preoccupare è il dato, finora ancora non diffuso, delle persone morte a casa, nelle case di riposo o mentre venivano trasportate in ospedale. Al momento non fa parte della cifra totale aggiornata giorno dopo giorno. La motivazione ufficiale è quella di un ritardo nel conteggio, quella reale probabilmente è che i numeri sarebbero molto più alti.

Per non vedersi nuovamente accusato di negligenza il governo britannico ha quindi diviso i decessi tra ospedalieri e non, sorvolando anche su uno dei luoghi più colpiti dal contagio come le case di cura. Ma anche qui, come in Lombardia, i parenti delle vittime hanno cominciato a chiedere spiegazioni, così la stampa ieri ha chiesto conto di quanto sta accadendo.

La risposta del capo della staff medico scientifico ha gelato giornalisti e i cittadini in ascolto: soltanto nelle ultime 24 ore il Coronavirus aveva colpito in 92 strutture, rendendo il lavoro dello staff «molto difficile».

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