Gualtieri, il dalemiano che piace all'élite Ue e canta "Bella ciao"

A Strasburgo dal 2009, comunista, ha buoni rapporti con l'establishment di Bruxelles

Gualtieri, il dalemiano che piace all'élite Ue e canta "Bella ciao"

Per la prima volta nella storia della Repubblica un comunista arriva alla scrivania di Quintino Sella. Se, infatti, l'ex titolare del Tesoro, Vincenzo Visco, fu eletto deputato nel 1983 come indipendente nelle liste del Pci berlingueriano, il nuovo ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, ha avuto la tessera della Fgci e gliela consegnò proprio Nicola Zingaretti, allora capo dei giovani comunisti romani. Un'esperienza tutt'altro che rinnegata: durante un talk show sul web nello scorso novembre suonò Bella ciao alla chitarra, strumento con il quale si diletta.

Gualtieri è il prototipo del dalemiano modello: formazione «dura e pura» all'Istituto Gramsci, inserimento nel mondo accademico (è professore di Storia contemporanea alla Sapienza di Roma), organico al partito (contribuì al manifesto del Pd nel 2007 su indicazione del líder Massimo) e, quindi, «premiato» con un seggio in Europa nel 2009. Anziché alla cultura, tuttavia, Gualtieri fu destinato all'economia e proprio in questo settore si è ritagliato uno spazio molto importante tra Bruxelles e Strasburgo riuscendo a diventare presidente della commissione Affari economici dell'Europarlamento. Come tanti dalemiani ha issato l'ancora dal porto natio per veleggiare nella corrente dei «giovani turchi» dell'ex dalemiano Matteo Orfini, affratellata alla maggioranza, renziana prima, zingarettiana oggi. Non a caso è rimasto in carica (sebbene «ripescato» alle elezioni di maggio) per tre legislature.

Gualtieri, tuttavia, non è un quisque de populo. Nei suoi dieci anni a Bruxelles è riuscito a intessere relazioni ai più alti livelli, facendosi apprezzare dall'establishment. Non a caso il presidente designato della Bce, Christine Lagarde, ieri ha salutato la sua nomina a ministro dell'Economia sottolineando che «è un bene per l'Italia e per l'Europa». Dopo Antonio Tajani, Gualtieri è uno degli eurodeputati che si è maggiormente battuto per gli interessi italiani, a differenza di tanti altri colleghi. Come relatore per le norme sui crediti deteriorati (Npl), ha evitato che venissero introdotte regole penalizzanti che avrebbero scoraggiato le banche a fare credito a famiglie e imprese. Inoltre ha lavorato perché non partissero procedure contro l'Italia, anche durante il governo Lega-M5S, grazie ai buoni rapporti con il commissario agli affari economici Pierre Moscovici.

Occorre anche notare che si tratta del primo politico a insediarsi a Via XX Settembre dal 2008 quando Giulio Tremonti ritornò al ministero. Ma che tipo di politica è quella di Gualtieri? Quella delle trattative: non si impiccherà certamente su manovre monstre, ma cercherà di contrattare flessibilità con l'Europa, riproponendo il suo cavallo di battaglia: lo scorporo degli investimenti dal computo del deficit pubblico. La commissione guidata da Ursula von der Leyen, di cui Pd e M5s, sono stati grandi elettori, non dovrebbe essergli ostile, soprattutto se, su spinta tedesca, dovessero avallati i famigerati eurobond (evocati proprio da Lagarde) per rilanciare quegli investimenti che il piano Juncker non ha mai spinto.

Gualtieri, però, non è un incendiario e, nel caso le aspettative non si

realizzassero, sarebbe pronto a varare una manovra improntata alla sola sterilizzazione delle clausole Iva con adeguate coperture, ossia più tasse. Il rispetto dell'establishment a «soli» 53 anni non si guadagna per caso.

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