RomaA Palazzo Chigi ed al ministero dell'Economia regna l'imbarazzo per il piano Juncker. Renzi non può criticarlo apertamente: il programma europeo da 300 miliardi di investimenti è un risultato che il premier pensava di avocarsi. Per di più è ancora presidente di turno della Ue. E non può permettersi di scagliarsi contro il piano del presidente della Commissione. Ma i suoi economisti sono perplessi.
Qualcuno di loro ha fatto di conto, magari dopo essersi consultato con fonti di mercato. E proprio dagli operatori è arrivata la tragica constatazione. Il piano Juncker prevede di finanziare investimenti (attraverso operazioni di finanza creativa) per 315 miliardi in tre anni. L'Europa nel suo insieme perde 330 miliardi di investimenti; ma non ogni tre anni, bensì ogni anno.
Anche la Confindustria è scettica sul piano. Soprattutto sul valore dato alla leva finanziaria. Le risorse messe direttamente a disposizione sono 21 miliardi: 16 sono quelli che aveva la Commissione come risparmi di bilancio; e 5 miliardi (gli unici veri) sono quelli della Banca europea degli Investimenti. Secondo Juncker, stimando la possibilità di una leva finanziaria di 15, si arriva a 315 miliardi. Per leva finanziaria s'intende le risorse private e che possono essere attivate dal finanziamento pubblico. Fonti di mercato (confermate dalla Confindustria) ritengono che il rapporto di 1/15 «sia troppo elevato». Di solito, la leva finanziaria per operazioni del genere è 5/8.
Vista la situazione, Pier Carlo Padoan non si è voluto sbilanciare. Anche perché non è chiaro se la quota di finanziamenti nazionali (destinati a contribuire, insieme a quelli privati, per arrivare alla leva del 15) siano o meno da calcolare nel deficit pubblico. Juncker ha assicurato che saranno fuori dal calcolo.
Nonostante ciò, il ministro dell'Economia ha detto che l'Italia non ha ancora esaminato l'ipotesi se partecipare o meno al Fondo di Juncker. «Non sappiamo come funzionerà».
E se il presidente di turno della Ue non sa come funzionerà il piano non è un buon viatico. Formalmente, il programma finanziario per alimentare gli investimenti europei verrà deciso nel Consiglio europeo di dicembre: l'ultimo presieduto da Matteo Renzi. Una cosa è certa. Qualora dovesse essere approvato, «sarà operativo da giugno», ha annunciato il presidente della Commissione. Vale a dire, che verranno persi altri sei mesi.
Non solo. Per produrre effetti reali sulla crescita gli investimenti hanno bisogno di almeno due anni. Ne consegue che soltanto a metà del 2017 sarà possibile creare i primi posti di lavoro prodotti dal piano Juncker. Sempre che ne riesca a creare, viste le premesse.
Di
contro, negli Stati Uniti l'indice di fiducia dei consumatori è tornato sui livelli del luglio del 2007.Non è una data a caso. A settembre di quell'anno esplose la crisi legata ai mutui subprime . E non è ancora finita.
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